Dire quasi la stessa cosa – Umberto Eco
(Bompiani)
“Pare che non sia facile definire la traduzione. Sul Vocabolario della lingua italiana edito da Treccani trovo ‘l’azione, l’operazione o l’attività di tradurre da una lingua a un’altra un testo scritto o anche orale’, definizione alquanto tutologica che non si rivela più perspicua se passo al lemma tradurre: ‘volgere in un’altra lingua, diversa da quella originaria, un testo scritto o orale’”.
Un’attività complessa e dagli innumerevoli volti, in altre parole, che Umberto Eco ha tentato di sviscerare in questo volume dal punto di vista per la prima volta pratico, basandosi su alcune premesse importanti: prendere spunto dalle proprie esperienze personali, in quanto traduttore e autore a propria volta tradotto da altri, e partire da esempi concreti per sollevare eventualmente questioni teoriche.
Due approcci insoliti, se consideriamo che la traduzione è spesso trattata o dai linguisti o dai tecnici del mestiere, che non necessariamente devono essere a loro volta narratori, e se teniamo in conto che di solito si tenta di spiegare il processo di “negoziazione” da una lingua all’altra formulando in primis delle ipotesi e servendosi eventualmente di esempi per giustificarle o smentirle.
Ad essere sorprendente, peraltro, non è solo il metodo dell’autore, ma anche l’andamento in sé del saggio edito da Bompiani, il quale è caratterizzato da un linguaggio al tempo stesso scorrevole, ironico e leggero, pur non mancando in più passi di tecnicismi, di espressioni quasi oscure e di un periodare subordinato e aulico. Ne viene fuori una lingua mista, dunque, capace di divertire e di istruire insieme.
Motivo di una simile commistione è innanzitutto l’origine dell’opera, basata sul contenuto di conferenze e seminari tenuti presso le università di Toronto, Oxford e Bologna, e prende spunto per di più da casi eclatanti di traduzioni ai limiti dell’impossibile, quali quella degli Esercizi di stile di R.Queneau, della Bibbia o di Dante, Manzoni e Baudelaire.
Oltre a veicolare concetti non sempre condivisi dalla cultura di partenza e di arrivo, infatti, tradurre significa anche rispettare determinati suoni e ritmi e, specialmente, riuscire a suscitare nei lettori di diverse aree geografiche le medesime reazioni. La sfida si fa complessa nel caso di barzellette, giochi di parole, fraseologismi e metafore, talvolta forse sottovalutata dai non addetti ai lavori ma qui sondata in ogni sua forma con commenti puntuali e critici.
Così, sebbene il libro non fornisca delle risposte definitive e univoche, quanto piuttosto degli spunti e delle occasioni di confronto strettamente connesse ai diversi mezzi di comunicazione utilizzati nel mondo editoriale a 360°, rimane di certo una fonte di aneddoti d’autore preziosa e affascinante, nella quale confluiscono i contributi di numerose personalità eminenti: i formalisti russi, Jakobson, Venuti, Steiner, Peirce, Greimas e Hjelmsley fra gli studiosi, e Poe, Joyce e Montale fra gli intellettuali tradotti.
Al termine della lettura si ha dunque l’impressione di avere poche risposte certe sull’argomento, eppure tante nuove domande su cui in precedenza non ci si era forse soffermati. Perfino i più esperti avranno qualcosa da scoprire in corso d’opera, grazie a testimonianze autorevoli e a punti di vista insoliti sollevati con naturalezza da una pagina all’altra.
Non a caso, occuparsi di traduzione non equivale a svolgere operazioni meccaniche e sempre uguali a sé stesse, anzi. Chi ha la necessità di lavorare in quest’ambito, o chi ha la pura e semplice curiosità di saperne di più, realizzerà in compagnia di Umberto Eco che più ci si prova e più è difficile dire proprio la stessa cosa – o quasi.
(Eva Luna Mascolino)
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