L’anima della frontiera: tra Far West e tradizione

L’anima della frontiera, Matteo Righetto
(Mondadori, 2017)

coverNel suo ultimo romanzo, L’anima della frontiera (primo volume della Trilogia della Patria), il padovano Matteo Righetto affronta i temi che caratterizzano la sua intera produzione: il rapporto tra padri e figli, la crescita e la consapevolezza di sé, la montagna.

Osservando la copertina del romanzo – un profilo di montagne, un cerchio rosso, la silhouette di una cowgirl con tanto di stivali, fucile e cappello – e leggendo la sinossi, si è portati a credere che L’anima della frontiera sia un western (all’italiana).

La verità è che si tratta di una fiaba moderna.

La famiglia De Boer sopravvive coltivando il tabacco Nostrano del Brenta; la durezza del lavoro e i magri guadagni spingono il capofamiglia Augusto a diventare contrabbandiere. Quando l’uomo scompare tocca alla Jole, la figlia primogenita, farsi carico della sua eredità e intraprendere il difficile viaggio attraverso la frontiera.

La giovane Jolanda De Boer si muove (cammina, cammina…) fra boschi, masiere, ghiaioni e cadini, gioca con cavallini di legno, conosce i nomi dei fiori, degli uccelli, degli animali della montagna.
In un singolare rovesciamento di prospettiva, il percorso di formazione di questa Ondina dolomitica la porta ad affrontare un Altro urbano, industriale e totalmente umano: non incontra fate o maghi, ma carbonai, pastori e minatori; non si reca in castelli incantati, ma in un’osteria buia; la ricompensa non consiste in oro e pietre preziose, ma in bestiame e sementi.

Nelle ultime pagine emerge la nostalgia per un mondo destinato a scomparire; sulla pace della montagna incombono, precedute dal fischio della locomotiva, le ombre delle devastazioni della Prima Guerra Mondiale.

Lo stile riflette le caratteristiche della trama: è semplice, lineare; la terminologia è accurata per quanto concerne fauna e flora, mentre sono più rari i termini tecnologici e i riferimenti spazio-temporali.

Tuttavia, l’autore indulge in un moralismo spicciolo sulla frontiera, simbolo delle differenze fra ricchi e poveri, che allontana il lettore dalla vicenda e non stimola alcuna riflessione. I protagonisti si oppongono a nemici (il Regno italiano e l’Impero austro-ungarico) impalpabili, invisibili e, in ultima analisi, inconsistenti.

Chi prende in mano L’anima della frontiera con l’idea di trovarvi duelli, pistole, uomini duri e puri si ritroverà (parzialmente) deluso. Si tratta piuttosto del racconto di una Grande Avventura, una di quelle che si intraprendono solo una volta nella vita (a condizione che ci sia un lieto fine, e una casa accogliente a cui tornare).

 

– Sonia Aggio –

 

 

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