Un romanzo inglese – Stéphanie Hochet
(Voland, 2017 – Traduzione di R. Lana)
Un romanzo inglese è la terza prova letteraria di Stéphanie Hochet, data alle stampe nel 2015 e arrivata in Italia alla fine del 2017, grazie alla traduzione di Roberto Lana edita da Voland. Una storia che fin dal titolo specifica la propria natura e che contemporaneamente la nega: benché l’autrice sia francese, infatti, l’opera si inserisce a buon diritto nella narrativa post-vittoriana.
Questo gioco di opposti si mantiene da ogni punto di vista nella vicenda, che è in effetti quella di una famiglia della borghesia londinese e allo stesso tempo quella di un’Inghilterra provata dalla prima guerra mondiale. Protagonisti sono Anna e Edward Whig, una coppia che nel 1917 decide di trasferirsi nella propria dimora di campagna dalla capitale.
I due si sono sposati nonostante le differenze caratteriali e di mentalità: Edward, infatti, è un benestante maschilista e conservatore, interamente contrato sul suo lavoro di orologiaio e conquistato dal fascino di Anna, che dal canto proprio incarna la donna inquieta e progressista dell’epoca, impegnata in campagne sociali e refrattaria alle convenzioni, e che di mestiere fa la traduttrice.
In seguito al loro spostamento nel Sussex, la coppia decide di pubblicare un annuncio sul Times alla ricerca di una governante che possa prendersi cura del piccolo Jack, il loro primogenito di tre anni, perché la madre vorrebbe tornare ad occuparsi dei propri affari e non sopporta l’idea di annullarsi completamente per il figlio, che tuttavia ama dal profondo del cuore.
A rispondere alla loro richiesta è George, che Anna associa all’istante alla scrittrice George Eliot, nascosta sotto pseudonimo e apprezzata dalla padrona di casa al pari di numerosi altri intellettuali anglofoni. La proposta viene quindi accolta con entusiasmo, finché marito e moglie non scoprono che George è in realtà un giovane insegnante di sesso maschile, come d’altronde era prevedibile al di là di possibili espedienti letterari.
Il nuovo baby-sitter entra immediatamente in sintonia con Jack, ben più di quanto ci fossero riusciti fino a quel momento i genitori. Per Anna è un sollievo e una liberazione da oneri che rischiavano di diventarle stretti, mentre Edward inizia a nutrire sentimenti di altro tipo nei confronti di entrambi. Da un lato, “i pensieri di sua moglie gli sono completamente estranei. Non ha mai capito davvero come funzionano le donne”. Dall’altro lato, “per lui George è come un granello di sabbia capace di mettere in pericolo l’intero meccanismo della sua vita”.
Intanto, la giovane signora Whig si rende conto delle differenze abissali fra i due uomini e comincia a riflettere sulla propria condizione da nuove prospettive, sia per quanto riguarda il suo ruolo di madre e di moglie, sia per ciò che fa di lei una cittadina avente il diritto di votare e una donna vincolata da aspettative sociali coercitive e retrograde. In un simile contesto diventa inevitabile la conflagrazione di un epilogo drammatico e che attraverso un breve salto temporale catapulta all’improvviso nel pieno del secondo conflitto mondiale, in un momento in cui Jack è ormai cresciuto e si ritrova a propria volta a confrontarsi con gli orrori della guerra e dei bombardamenti.
Le tematiche affrontate dall’autrice sono, pertanto, pregnanti e di spessore fino all’ultimo rigo, sebbene lo stile rimanga delicato e scorrevole anche nei passaggi di maggiore tensione. Ne risulta un intreccio appassionante e attuale fino ai giorni nostri, grazie all’attenzione dedicata sia al mondo interiore e universale dei personaggi sia ad argomenti di interesse collettivo non ancora definitivamente risolti.
Un romanzo “inglese” a tutti gli effetti, insomma, capace di suggerire numerosi spunti di riflessione – complici anche certi richiami woolfiani – e di trascinare con sé in un mondo fatto di apprensioni e di poesia, di attrazioni e di repulsioni, di equilibri fragili e di grandi fratture, con una sorprendente padronanza della materia trattata da parte della Hochet. E il linguaggio, semplice sebbene mai banale, arricchisce questa sorta di diario personale con pennellate nostalgiche e che sanno nel frattempo di un forte anelito alla libertà.
(Eva Luna Mascolino)