Premio Strega 2018: Marco Balzano racconta il coraggio di restare

Resto qui, Marco Balzano
(Einaudi, 2018)

resto qui_copÈ difficile negarlo: il legame ancestrale con la terra d’origine, l’amore per il luogo in cui si è nati che nel corso della Storia ha scatenato guerre, eroismi, ispirato romanzi e rivoluzioni non è più un sentimento popolare. Restare contro ogni circostanza, anche quando andar via è la scelta più sicura, è sempre più difficile e la fuga è, di contro, una scelta sempre più facile.

Forse è per questo che Resto qui, l’ultimo romanzo di Marco Balzano edito da Einaudi e finalista del Premio Strega 2018, ha un sapore esotico e distante nonostante tratti temi estremamente attuali.

La storia inizia nel Sudtirolo degli anni Venti e narra le tribolazioni del paese di Curon Venosta, minacciato, oltre che dal fascismo e dalla guerra incombente, dalla costruzione di una diga che avrebbe completamente sommerso il paese.

La voce narrante è Trina, una giovane maestra di Curon a cui il regime fascista impedisce di insegnare e che si avvicina quindi al mondo delle Katakombenschulen, le scuole clandestine di tedesco in cui la gente del Sudtirolo ha tentato di preservare la propria cultura durante il regime.

Il romanzo ha la struttura di una lunga lettera che Trina scrive alla figlia perduta per raccontarle ciò che è avvenuto nel corso degli anni a Curon. Così il racconto si dipana lungo la vita di Trina, comprende il suo matrimonio con il malinconico contadino Erich e si intreccia con la storia del villaggio.

La storia di Curon è una storia di confine ed è quindi complessa, multiforme e contraddittoria: è una storia di gente che vive l’annessione all’Italia come una formalità senza significato e che vive il regime fascista non solo come una limitazione alle libertà personali, ma come la soppressione della propria identità. Opporsi al regime fascista, a Curon, non implica però l’essere antifascisti: se tutto il Sudtirolo vide infatti in Mussolini un crudele dittatore, molti di loro accolsero Hitler come un liberatore e un faro verso la salvezza e il benessere.

Ne è un esempio significativo l’atteggiamento degli abitanti di Curon nel 1939, quando viene loro concessa la possibilità di scegliere se restare nella loro terra, accettando quindi l’italianizzazione forzata, o trasferirsi nel Reich e diventare cittadini tedeschi. Quasi tutti abbandonano senza eccessivi rimpianti i loro masi e la valle che fino a poco prima era stata casa loro per diventare parte effettiva della Germania di Hitler. Erich, il marito di Trina, è risoluto a restare ad ogni costo nella sua terra, nonostante tutto. Se per te questo posto ha un significato, se le strade e le montagne ti appartengono, non devi aver paura di restare, dice a Erich suo cognato, eppure la sua scelta avrà conseguenze determinanti sul futuro della sua famiglia e legherà definitivamente il suo destino e quello di Trina a Curon.

Il romanzo attraversa gli anni della Seconda guerra mondiale e quelli del dopoguerra, quando la costruzione della diga, iniziata e poi interrotta durante il regime, riprende inarrestabile e il destino del paese è ormai segnato.

Scrissi che le industrie stavano trattando Curon e la valle come se fossero un posto senza storia. Invece noi avevamo agricoltura e allevamenti e prima che arrivasse quell’esercito di cafoni e quella marmaglia di ingegneri regnava l’armonia tra i masi e il bosco, tra i prati e i sentieri. Era una terra ricca e piena di pace, la nostra. Sacrificare tutto questo senza una diga era semplicemente selvaggio. Una diga si può costruire altrove, un paesaggio una volta devastato non può rinascere più, scrissi alla fine. Non si può rimediare né replicare, un paesaggio. (p. 151)

La storia di Curon è tratteggiata con cura e precisione, tanto che il lettore, consapevole dell’inesorabile epilogo già annunciato dalla copertina del romanzo, prova per il paese la stessa pietà e affezione di Trina ed Erich.

La storia personale di Trina appare invece più debole e fatica a coinvolgere: forse perché i temi, i personaggi e gli anni narrati sono davvero molti rispetto alle pagine del romanzo e non sempre poche pennellate bastano a rendere vivo un personaggio. Se Trina è ben riuscita, impetuosa e decisa, altri personaggi, tra cui Pa’, Ma’ ed Erich stesso sono più sfuggenti, vorremmo riuscire ad afferrarli e vederli prima dell’ultima pagina.

Resto qui è comunque una storia necessaria che Marco Balzano ha il merito di aver sollevato dall’oblio e portato all’attenzione di un grande pubblico: conoscere la Storia si conferma un requisito indispensabile per apprezzare e valorizzare il presente.

(di Loreta Minutilli)

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