CroceVia è il nome dell’ultimo progetto editoriale in cui si è avventurata la NN Editore: una collana di stampo “seriale”, le cui opere autonome e compiute tracciano in realtà un percorso armonioso nelle sfaccettature più intime e misteriose di alcuni termini centrali della nostra cultura. Parole quali “passione” e “perdono”, dall’indiscutibile rimando alla tradizione cristiana, diventano il punto di partenza da cui prendono forma le opere di alcuni grandi nomi della letteratura nostrana.
Laura Pariani ha inaugurato la collana con Di ferro e d’acciaio, vincitrice del Premio Mondello Opera Italiana 2018, seguita dall’acclamata opera di Andrea Tarabbia Il peso del legno. Un inizio certamente d’impatto per il progetto CroceVia, dietro cui si cela la mente dello scrittore Alessandro Zaccuri, tra le cui opere è possibile citare Dopo il miracolo (2012, Mondadori) e Lo spregio (2016, Marsilio). Oltre a curare lo sviluppo di Crocevia, Zaccuri prenderà parte al progetto anche nelle vesti di scrittore: presto aggiungerà infatti il suo personale tassello a questo mosaico di interpretazioni letterarie delle parole di matrice cristiana.
Abbiamo avuto il piacere di farci raccontare direttamente da lui il significato insisto nell’elaborazione di un progetto come CroceVia, le aspettative che l’hanno guidato e cosa ci si attende dal futuro.
1. CroceVia è stata definita nei termini di una collana di ispirazione semantica-esistenziale legata alla tradizione cristiana, in cui termini centrali della nostra cultura, derivati dalla sfera spirituale, vengono reinterpretati da alcuni grandi nomi della letteratura nostrana. Qual è l’origine di questo progetto? E chi ha contribuito in prima linea a darvi forma?
L’idea della serie viene da NNE e in particolare dall’editore, Eugenia Dubini, che ha iniziato a interrogarsi sulla permanenza di alcune parole (che lei stessa definisce “indomabili”) nel contesto contemporaneo, apparentemente ostile. Termini come “perdono”, “passione”, “fede”, “misericordia” resistono nonostante tutto: sono indubbiamente legati alla tradizione cristiana, che molti considerano ormai al tramonto, eppure risultano insostituibili quando si tratta di esprimere una determinata esperienza di vita. Detto altrimenti, all’origine ci sono le domande di una persona che, pur avendo ricevuto un’educazione cattolica, non si ritiene più credente e si lascia interpellare da questa condizione. Nel momento in cui il quadro di CroceVia ha iniziato a delinearsi, Eugenia è andata in cerca di un interlocutore che le fosse speculare e complementare: un credente che si interessasse al modo in cui le parole del cristianesimo continuano a riverberare nella cultura e nella società di oggi. Si è imbattuta nel mio lavoro, ci siamo conosciuti, abbiamo provato a studiare una modalità di collaborazione e così, abbastanza presto, ci siamo trovati a condividere una costellazione di parole a partire dalle quali ci pareva giusto sollecitare alcuni autori. C’è stata immediatamente una grande sintonia, accompagnata da un estremo rispetto. Per me è un esempio bellissimo di incontro nelle differenze.
2. Laura Pariani ha inaugurato la collana con il suo ultimo romanzo, “Di ferro e d’acciaio”. Considerando il successo al Premio Mondello e gli ottimi feedback ottenuti dai lettori, si è trattata certamente di una scelta fortunata. Quali considerazioni hanno contribuito a coinvolgere la Pariani nel progetto?
Laura Pariani è una delle prime autrici alle quali Eugenia e io abbiamo pensato, in maniera autonoma e concorde. Già in molti dei suoi libri precedenti, infatti, era presente il confronto con un cristianesimo allo stesso tempo incomprensibile e vitale, al quale ci si accosta non nella prospettiva della fede ma in quella della contesa con un Dio di cui si patisce l’assenza. È una visione molto moderna (penso, in poesia, alla teologia negativa di Giorgio Caproni), che offre moltissimi spunti narrativi, specie quando è sostenuta da una lingua come quella di Laura Pariani, screziata di dialetto lombardo e di preziosismi arcaici, quasi liturgici. Le premesse c’erano tutte, ma non sapevamo che una prima stesura di questo romanzo sulla Passione esisteva già, pressoché completata e poi abbondonata molto prima che nascesse il progetto di CroceVia. Anche questo è stato un incontro molto felice, come dimostrano i risultati.
3. La bibliografia di Andrea Tarabbia tocca spesso temi crudi e violenti, come l’assassinio o la follia. Quali caratteristiche della sua scrittura sono state ritenute adatte al progetto di CroceVia?
Proprio queste che ha appena indicato e che a mio avviso si possono riassumere in una ossessione per il corpo e per la sua capacità di sofferenza. Un narratore spinto da questa urgenza, pensavamo, non può non essere attratto dallo scandalo della Croce, intesa anzitutto come macchina di morte, come strumento di umiliazione e tortura. Era un tema al quale, in effetti, Tarabbia si stava interessando da tempo, accumulando letture e appunti. Scrivere Il peso del legno gli ha consentito di portare questa riflessione su un piano più personale e profondo, con uno scandaglio autobiografico rispetto al quale, inizialmente, l’autore ha opposto una certa resistenza, ma che alla fine ha reso possibile un’invenzione narrativa del tutto imprevista e, per quanto posso testimoniare, liberatoria.
4. L’impronta letteraria di Tarabbia si discosta molto da quella della Pariani. Lei considera questa diversità un valore aggiunto o vi riconosce dietro un principio di armonia?
L’armonia, se c’è, sta nel disegno complessivo. Per il resto abbiamo scelto volutamente voci diverse, forse non esattamente discordanti, ma di sicuro non riconducibili a un unico modello narrativo o linguistico. Dal mio punto di vista, amo molto gli scrittori che cambiano strumentazione da libro a libro, farei fatica a indicare uno standard al quale adeguarsi in maniera pressoché obbligatoria. Anche nel corso del tempo, inoltre, le parole di cui ci occupiamo in CroceVia sono state pronunciate con intonazioni e intenzioni talmente differenti da sfiorare la contraddizione. La storia del cristianesimo è, tra l’altro, la storia di queste ripetizioni e di questi ripensamenti. Ed è una storia molto più movimentata di quanto normalmente si immagini.
5. Una volta assegnato a ogni scrittore un termine da interpretare, fino a che punto si è stabilito insieme come declinare il tema, e quanto invece è stata concessa agli autori carta bianca?
Massima libertà nel genere, se così vogliamo chiamarlo: c’è chi preferisce la fiction in senso stretto, come Laura Pariani, e chi non disdegna alcune risorse dell’autofiction, come Andrea Tarabbia. Come accompagnatore della serie, il mio compito è semmai di fare in modo che in ogni libro di CroceVia ci sia quello che un lettore di CroceVia può cercare, e cioè un confronto serrato, non convenzionale né retorico, con le parole che appartengono a tutti senza che quasi più nessuno, ormai, ne abbia consapevolezza.
6. Due romanzi sono stati pubblicati, il prossimo a cura di Gian Luca Favetto è già stato annunciato. Hanno rispettato tutti le aspettative iniziali o le interpretazioni di alcuni autori si sono rivelate in qualche modo inaspettate?
Hanno rispettato le aspettative nella misura in cui finora ci hanno sempre dato qualcosa di inaspettato, qualcosa che neppure l’autore stesso aveva messo in conto. Anche la riflessione di Favetto sul perdono si è gradualmente spostata su un piano di coinvolgimento emotivo così esplicito da risultare toccante. L’obiettivo, di volta in volta, non è di confezionare un libro ben fatto, ma di offrire al lettore un libro sincero perfino nelle sue eventuali imperfezioni o durezze: un testo che, in qualche modo, segni una discontinuità, magari anche nell’opera dell’autore.
7. Può darci qualche anticipazione su cosa dobbiamo attenderci dalle prossime quattro opere della collana?
Non sono ancora tutte definite e anche questo lo considero un buon segno. Posso dire che Marcello Fois sta lavorando a un romanzo sul tema della fede e che io dovrei ultimare entro l’anno il mio contributo, che si intitolerà Il nome di Maria. Mi piace molto pensare che alle parole del cristianesimo appartengano alcuni nomi propri, tra i quali spicca questo, che non è solo il nome della Madre, ma anche quello della Maddalena, della sorella di Lazzaro, di tante altre donne che appaiono fugacemente nei Vangeli, nelle leggende devote, nei classici della letteratura. Lo sa, per esempio, che anche la moglie del capitano Achab si chiamava Mary?
(a cura di Anja Boato)
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