Come si sta al mondo, Davide Martirani
(Quodlibet, 2018)
Una città (una qualunque, senza nome), un appartamento soffocante, una vecchia cui badare, una costellazione di donne dell’Est Europa, più o meno giovani. Il mondo in cui vive Maria, protagonista riservata e obbediente, fa presagire una vicenda sottotono, a una storia di piccole disperazioni, umile, dimessa. Nulla di più lontano dalla realtà.
La vita di Maria, fatta di abitudini, rituali, fughe e rinunce, viene sconvolta dall’arrivo della cugina Roxana. La ragazza, infatti, rappresenta un modello di femminilità diverso, l’antitesi della protagonista: tanto Maria è timida, silenziosa, in un certo senso invisibile, tanto Roxana è sensuale, dinamica, decisa a farsi strada nel mondo al punto di danneggiare la cugina. Maria è obbligata a confrontarsi con il Male e con le più varie sfumature della solitudine e della sofferenza umana.
La scelta di parlare di Male, con la M maiuscola, non è casuale. La nemesi di Maria ha un nome e, se non un volto, almeno un’immagine ben definita: trattasi del Diavolo in persona. Il Demonio la stuzzica, la tormenta nel sonno e nella veglia. Quando il mondo la ferisce, Maria sembra farsi più debole, scoperta; nella sua armatura si aprono crepe in cui il Male si infila (talvolta assumendo forme quasi pacchiane, come un preservativo luminoso).
Come se si sfogliassero i petali di un fiore, un ricordo alla volta il lettore si avvicina al nucleo del malessere di Maria, al momento della sua infanzia in cui la bambina ha conosciuto il Diavolo.
Il desiderio è destinato a rimanere inesaudito. Scena dopo scena il lettore raccoglie gli indizi, li mette in fila, nell’attesa impaziente di scoprire quando e come Maria ha perso il contatto con il bene, con il mondo, ma questo momento non è esplicitato. L’ultimo ricordo presente nel libro ricostruisce una scena non definitiva.
Dopo un attimo di spaesamento, il lettore sente la necessità di tornare indietro, di rileggere il libro alla luce di ciò che è stato scoperto.
E ancora, si fatica a comprendere chi sia il Diavolo, e cosa rappresenti. A volte è il contrario di Dio, la negazione di tutto il bene e della capacità salvifica della religione; in altri momenti sembra rappresentare la corruzione del mondo, inteso come un luogo selvaggio e animalesco. Infine, pare avere una dimensione più intima, aderente alla mentalità di Maria: e diventa il demone della sessualità, dell’intimità, la proiezione di una paura irrazionale e insensata.
Come si sta al mondo può essere riassunto dal termine “ambiguità”. Non si arriva a conoscere i desideri più profondi dei personaggi, i pochi punti fermi vengono sconvolti nel corso della storia. È impossibile capire se Roxana abbia mentito, se sia una persona malvagia o disperata. Natalia, la madre di Maria, appare come una donna sia amorevole che infida, i suoi gesti possono essere letti sotto due lenti molto diverse. Altri personaggi (Arturo, Betty, Alina) appaiono e scompaiono, di nessuno si conosce il destino.
Unici punti fermi, la personalità di Maria, rigida e talvolta ottusa fino all’irritazione, e quella dei membri della parrocchia, che paiono i soli personaggi capaci di abbandonarsi alla volontà di Dio, con tutta la fatica che questo può comportare.
Come si sta al mondo è un esordio di tutto rispetto, un romanzo che ha il sapore di una favola russa, cupa e gelida.
Non è facile gestire un’idea così ambiziosa e condurla fino all’ultima pagina; l’autore è stato senza dubbio facilitato da uno stile asciutto, ma non per questo arido, che si adatta perfettamente alla trama.
Pur non considerandolo né un difetto, né un elemento totalmente negativo, avrei preferito una maggiore compiutezza.
Il non-detto, l’ambiguo, pur gestito con padronanza, rischia di lasciare troppi punti oscuri.
Sonia Aggio