The fall issue 1-6, Jared Muralt
(Tintenkilby Verlag, 2019-2020)
Conosco la mano di Jared Muralt da qualche anno, fin da quando mi imbattei in alcuni disegni pubblicati sul suo profilo Instagram*. Neanche a dirlo, me ne innamorai subito. Proprio attraverso questo canale (e altri, come il suo sito internet**) sono venuto a conoscenza dei progetti fumettistici di Muralt, dai precedenti The end of bon voyage e Hellship (Tintenkilby Verlag, 2015) – che ancora, ahimè, non ho potuto leggere – fino alla recente serie The Fall, la cui pubblicazione è iniziata nel 2019. Proprio durante questo periodo di confinamento appena trascorso ho deciso di leggere i primi sei albi spillati che attualmente costituiscono la serie, e quello che ho trovato all’interno delle prime pagine è stato senza dubbio curioso: ero a conoscenza delle tematiche post-apocalittiche del fumetto, ma non mi sarei mai aspettato che il crollo della civiltà nella storia fosse derivato proprio da una pandemia di influenza.
Quindi, vista l’attuale condizione di pandemia da SARS-CoV-2 e il bombardamento mediatico e psicologico che ne è seguito (e che continua tuttora), l’immedesimazione è stata assicurata. Di colpo mi sono ritrovato catapultato nel’universo narrativo di The fall. Il mondo che viene presentato è sull’orlo del baratro, e con macabre (seppur facili) analogie con l’attualità: ondate di caldo anomalo provocano siccità e mettono a serio rischio le piantagioni, indebolendo sempre più un sistema già devastato da una crisi economica globale che ha portato molte nazioni verso condizioni di vera e propria anarchia; se tutto questo non fosse già abbastanza, a peggiorare le cose ci pensa anche il virus responsabile di una pandemia di influenza estiva, che sovraccarica gli ospedali e contro il quale anche il vaccino messo a punto non sembra sortire gli effetti desiderati.
All’interno di questo contesto tutt’altro che allegro, l’autore sceglie di raccontare la storia di Liam e dei suoi due figli, Sophie e Max, una famiglia duramente colpita dalla pandemia e dai disordini socio-economici successivi. Così, anche la famiglia dei protagonisti inizia la propria lotta per la sopravvivenza in un contesto brutale in cui i supermercati vengono depredati senza ritegno e le persone si fanno la guerra le une contro le altre per assicurarsi il controllo dei viveri: solamente i più forti e i più scellerati possono andare avanti. In alcune vignette, sembra di rivedere le immagini di caos cittadino che caratterizzavano le ambientazioni del videogioco Ubisoft del 2016 Tom Clancy’s: The Division (con le quali lo stile visivo di Muralt si sposa molto bene); anche in quel caso la scintilla che aveva portato al crollo della società era stato l’insorgere di una epidemia virale.
I sei albi finora pubblicati raccontano proprio questo: la diffusione dell’epidemia, le misure di quarantena, la guerriglia urbana e la distruzione progressiva delle strutture sociali, che rendono il mondo una giungla di istinti abitata da persone che vogliono mangiare e sopravvivere, senza però trascurare la soddisfazione di altri desideri carnali. L’autore sceglie anche di operare una variazione dell’ambientazione: nei primi tre albi l’azione si svolge nella città, mentre nei tre successivi i protagonisti decidono di spostarsi verso le montagne, poiché la realtà urbana si è fatta troppo pericolosa; tuttavia, in breve tempo Liam, Sophie e Max si rendono conto di come il mondo extra-urbano sia altrettanto pericoloso e abitato dalle stesse pulsioni e violenze che serpeggiavano tra i palazzi.
Il cambiamento nell’ambientazione si traduce anche in un cambiamento a livello cromatico: nella prima parte si fa un largo uso di toni caldi, sull’arancio-giallo, e suggeriscono un’atmosfera afosa, soffocante, tumultuosa; questo calore si affievolisce sempre di più, fino a diradarsi nei toni freddi, invernali, della seconda parte, che, per l’appunto, si svolge in un paese montano coperto di neve. Uno dei punti di forza del fumetto è proprio la colorazione digitale, con un uso sapiente delle tinte e dei toni, capaci così di ricreare le condizioni narrative più adatte (o di sopperire a eventuali carenze, ma ogni cosa a suo tempo), in accordo con lo stato d’animo dei protagonisti – in modo che questi si riflettano sul lettore. C’è comunque una certa luminosità nel fumetto, dal momento che l’autore non fa uso di ombreggiature o di neri pieni per ricavare i contrasti, ma preferisce affidarsi in questo senso alla colorazione digitale.
Senza alcun dubbio, si può affermare che Jared Muralt abbia un tratto delizioso – modulato attraverso l’uso di pennarelli a punta fine –, che gli permette di ricreare figure sinuose e morbide, dallo spiccato rigore anatomico. L’aggiunta poi di piccole linee a riempire i volumi dei personaggi, dona al suo stile reminiscenze di Moebius, mentre talvolta sembra di scorgere qua e là anche qualche personaggio disegnato da Piero Dall’Agnol. Tutte queste qualità mi hanno portato negli anni ad apprezzare sempre di più il lavoro di Muralt, anche distaccandosi dalle riflessioni su The fall. È estremamente piacevole (nonché istruttivo) guardare le sue illustrazioni, i suoi schizzi e le sue numerose moleskine riempite di volti e figure umane, di animali, di paesaggi; se c’è una cosa in cui Muralt dà il meglio di sé sono i paesaggi, sia nelle geometriche ambientazioni urbane, sia nelle ambientazioni naturali, così ricche di dettagli e limpide. Vedere per credere.
Tuttavia, è giunto il momento di togliersi i denti dolenti. Tolto lo stupore iniziale per le analogie tra realtà e fantasia, dopo aver letto le prime venti/trenta pagine di The fall si finisce per assuefarsi a una storia che è in grado di comunicare ben poco. Il racconto si snoda su numerosi cliché, che non sono solamente arrugginiti, ma anche poco inclini a essere adattati in un mezzo come quello fumettistico. Ne risulta quindi un insieme di elementi già ritrovati numerose volte in svariate opere (letterarie, cinematografiche, videoludiche), senza che a questi venga dato un tono o un taglio particolarmente significativo, o un punto di vista nuovo che faccia brillare di una luce propria questo fumetto.
Le incrinature del fumetto si notano nella sceneggiatura e nella narrazione, che non solo è spesso incapace di emozionare o di ricreare la tensione necessaria, ma che risulta, in alcune scene, addirittura deleteria, compromettendo – attraverso una gestione confusionaria delle vignette e degli avvenimenti – la fruizione della storia e la comprensione di ciò che avviene; in particolare, ciò avviene nella sequenza conclusiva del “primo atto”, al termine del terzo albo. Le vignette appaiano come semplici illustrazioni legate tra loro da un filo blando e a a malapena visibile.
Dunque, The fall è senza dubbio un fumetto disegnato splendidamente, con una componente visiva ricca e realizzata con una cura maniacale per i dettagli, ornato di una preziosa colorazione. Il realismo leggero della mano di Muralt è sempre apprezzabile, ma forse non si spinge abbastanza in là nel rappresentare la sporcizia e la barbarie che una realtà di questo tipo sottende. Tuttavia, ciò che rimane a seguito della rapida lettura di questi primi sei albi (di lunghezza variabile tra le venti e le trenta pagine) è veramente poco: se da un lato l’intreccio risulta comunque incalzante, presentando i protagonisti sempre alle prese con nuove le difficoltà prodotte dalla crisi globale, dall’altro, si tratta di una storia neutra, insapore. I personaggi non hanno mordente e si ripresentano più e più volte situazioni molto (e troppo) tipiche di altre opere post-apocalittiche (siano queste abitate solamente da uomini, oppure anche da zombie e altre creature). Speriamo che Jared Muralt corregga il tiro con i prossimi capitoli della serie: le premesse ci sono tutte perché sia più che valida, e il futuro dei sopravvissuti si prospetta ricco di insidie e sfide.
Francesco Biagioli
* https://www.instagram.com/jaredmuralt/?hl=it
** http://jaredillustrations.ch/index.php