L’anatra sposa, Marta Ceroni
(Bompiani, 2021)
Il romanzo d’esordio di Marta Ceroni, milanese di nascita e statunitense di adozione, è ambientato negli anni ’70 a Ghiarole, un paese di golena di qualche centinaio di anime nella piana emiliana del Po, ma potrebbe svolgersi in un qualsiasi villaggio dell’Europa e in qualunque epoca, o quasi: i personaggi sarebbero gli stessi, così come le loro vicende. E questo non perché siano caratterizzati in modo semplicistico o resi in modo banale ma perché nella vita di ogni piccola comunità si possono facilmente individuare delle personalità fisse.
Non importa se le sarte saranno sorelle oppure no, se le suore cresceranno i bambini dell’asilo, se una casa verrà venduta o meno a dei forestieri. Ci saranno sempre persone pronte a discutere più o meno animatamente di politica davanti ad un bicchiere di vino all’osteria, ci sarà sempre un prete le cui omelie saranno considerate per lo più noiose, ci sarà una persona che necessiterà di attenzioni particolari per via di una disabilità, ci saranno gli stessi individui impegnati a preoccuparsi o ad occuparsi di altri abitanti del luogo.
Nel caso di Ghiarole il nucleo familiare che si potrebbe definire “malato” è composto dalla Signora, una cantante d’opera ormai vedova e alcolista che aveva seguito il marito nel villaggio emiliano; da Nevia, la sua primogenita, della quale in paese si dice che «le manca il senno» e da Alda, la figlia quindicenne lasciata scorrazzare tutto il giorno nei boschi vicino al Po, per questo chiamata dal resto di Ghiarole el selvadec, al maschile.
Le stagioni si alternano scandendo il ritmo ancestrale della vita rurale, lasciando che niente cambi veramente. È in questa ciclicità ripetuta che avviene l’inaspettato: Alda riceve da un pastore forestiero e semi nomade un’Anatra Sposa, un volatile nord-americano che nessuno aveva mai visto, concedendogli in cambio una possibilità con Nevia. Dopo quel giorno la quotidianità riprende in compagnia di quell’anatra bellissima, forse un oggetto transazionale per Alda, in costante ricerca di bellezza e ordine in quella vita complessa in cui si è trovata a nascere.
Però Nevia, «la sciocchina» del paese, rimane incinta di quel forestiero. Nel momento in cui la sorella minore se ne accorge sembra avvenire uno strano tipo di metamorfosi o di scambio: l’anatra tanto desiderata volerà via, dimenticata, mentre Nevia, fattasi “sposa” del giovane pastore, prenderà il suo posto, pur continuando a indossare i vestiti di sempre così che «la pelle tesa del ventre rimaneva nuda sotto i maglioni che le disegnavano una bella forma a uovo».
L’arrivo del volatile esotico a Ghiarole complica i rapporti che interconnettono gli abitanti del luogo e, subitaneamente, scioglie determinate dinamiche problematiche che si erano sclerotizzate nel tempo. Se infatti, per via della disabilità di Nevia e per le circostanze del concepimento, la gravidanza potrebbe essere portatrice di una difficoltà ulteriore nella vita già complessa dei famigliari della ragazza e di coloro che tentano di star loro vicino, fin da subito essa si rivela come foriera di redenzione.
Sia chiaro, il dramma che ci si aspetta possa avvenire, in effetti, avviene, ma non all’interno di quel nucleo familiare già così problematico e, soprattutto, l’onda d’urto che potrebbe essere scatenata sconvolgendo diverse persone dell’abitato non si crea.
Attorno alla futura madre si intesse una relazione di stretta vicinanza tra donne che prima non esisteva e che esclude chi vorrebbe stare vicino in modo biunivoco e amoroso soltanto ad una di loro. La madre si riscopre genitrice nel momento in cui sa che sua figlia sta sperimentando una inconsapevole maternità e alcune donne del paese decidono di stringersi loro intorno per accudirle in quel momento di nascita che è rinascita familiare.
Colei che si sarebbe potuta definire il catalizzatore della malattia all’interno della casa sembra essere stata “sacrificata” non intenzionalmente dalla sorella minore per la redenzione della famiglia intera. Nevia dà alla luce un maschio, l’unico accettato all’interno di questo nucleo ora così stretto, in un bosco di Prunus in fiore. La sua pancia a forma di uovo, insieme al figlio, partorisce una rinascita collettiva dai toni fortemente simbolici. È l’inizio di una nuova vita per tutti, di una primavera resa possibile dall’opportunità di salvezza data dall’Anatra Sposa.
Se prima la Signora e Alda si trovavano in una condizione di staticità destinata a perdurare nel tempo, ora hanno l’occasione di svegliarsi dal torpore che le bloccava, e quella salvezza che sembrava fosse possibile soltanto con un intervento di persone estranee, in realtà, arriva dall’interno, da Nevia stessa. La vita del resto del paese continua ad essere quella di prima, una vita in un «mondo logoro», come dice Canali, il postino. Nevia, motore del cambiamento nella famiglia, torna nel torpore dovuto alla sua patologia. Ha però donato nuove possibilità alle altre due donne, le quali sono infine in grado di percepire la bellezza e, in particolare, le potenzialità quasi infinite della vita.
Se la tipizzazione dei personaggi è volutamente resa in modo universalistico, la descrizione degli ambienti è fortemente caratteristica della campagna emiliana nei pressi dello scorrere del Po. La prosa dell’autrice delinea gli elementi naturali di questa parte d’Italia e la sua bellezza rustica e rurale, che trova il suo massimo splendore nei mesi della bella stagione. Con la stessa precisione e luce che si trovano nelle opere dei Macchiaioli Signorini e Fattori si è portati a vedere nitidamente la campagna della pianura del Po, gli argini, l’acqua del fiume, grazie ad uno stile descrittivo realistico ed evocativo.
Il romanzo d’esordio della Ceroni racconta una storia di appartenenza ad un luogo, ad un piccolo paese che nella sua immobilità nasconde un divenire ancora da costruire e rinascite simboliche inaspettate e liberatorie contrapposte a morti che non lasciano segni permanenti quanto le nascite. Un luogo il cui incanto si fa più vivido nel momento in cui è necessario partire, ma che si svela anche quotidianamente, per chi sa coglierlo, attraverso gli antichi tesori sepolti nella sabbia del letto del Po.
Una caleidoscopica storia di paese che, nella sua universalità elementare, racconta dei vissuti in cui è facilmente possibile riconoscere la propria esperienza di appartenenza. Un piccolo mondo rurale che presto mostra i difetti sostanziali che lo differenziano da un’Arcadia ma che lo rendono plausibile e atemporale.
Infine, L’Anatra Sposa è anche una storia di crescita. Un racconto di come, nonostante l’appartenenza ad un paese possa sembrare qualcosa di statico, sia possibile per ognuno trovare il proprio percorso personale a partire dall’esperienza collettiva. Perché ciascuno evolve in modo suo, facendo sì che le personalità sostanziali si differenzino da un incipit comune. E dimostrando che è necessario essere consapevoli di appartenere a qualcosa o a qualcuno per potervi frapporre una distanza.
Eleonora Mander