album, di Elisa Donzelli
(nottetempo, 2021)
album è l’esordio poetico di Elisa Donzelli, classe 1979, pubblicato nel 2021 da Nottetempo. Fin da una prima osservazione, la struttura della raccolta appare piuttosto evidente: tre sezioni – di cui una, la più lunga, dà il titolo al libro – all’interno delle quali sono suddivisi i componimenti.
Non è troppo difficile indovinare l’idea che segue la raccolta scritta da Donzelli. Come suggerisce il titolo, sono infatti brevi composizioni che riprendono uno stile fotografico, e raffigurano istantaneamente alcune immagini presumibilmente concernenti la vita della poetessa, dai vent’anni e l’università all’età adulta del lavoro e dei figli, oltre ad alcuni spunti sull’attualità, come le migrazioni, la politica, i terremoti e la musica contemporanea o quasi.
Nella prima sezione, Esercizi di disegno, il legame tra idea pittorica – più che fotografica – e poesia è straordinariamente ben riuscito. Si susseguono, infatti, diverse immagini fantasiose e ricche di oggetti e luoghi che rendono la scrittura minimalista nel tratto, come se i versi fossero appunto pennellate, ma complessa nel sentimento offerto. Donzelli riesce in questo primo tratto della sua raccolta a rappresentare idee e sensazioni articolate in pochi versi ben congegnati, grazie a un notevole lavoro sull’utilizzo di colori semplici e infantili, come se a narrare fosse un bambino estremamente consapevole.
Nei primi componimenti della raccolta, si viene quasi a creare una mitologia poetica che vive nei versi stessi e si alimenta di questi, trovando un perfetto equilibrio. È proprio il colore ad essere sostanza. In qualche modo, è come se la narratrice, in questa prima fase, desse colore alle immagini che lo circondano. Non è quindi solo fotografa ma anche pittrice, ed è la scelta dei colori che in queste poesie dà significato alla visione della poetessa. Questo è un meccanismo – volontario o involontario che sia – che arriva al lettore e lo sospende, piacevolmente, nella lettura.
Purtroppo, nelle sezioni successive l’equilibrio appena citato va disgregandosi. Nella sezione intitolata Album, la raccolta si fa sempre più intima e personale, proprio come se stessimo sfogliando l’album di fotografie di una famiglia che non conosciamo. Con questo, la narrazione all’interno del singolo componimento si allontana notevolmente dal lettore, forse anche per una minore riuscita nella composizione del testo stesso, che risulta spesso insoddisfacente per l’espressione di una qualsiasi cosa. S’incontrano personaggi, amici, compagni, figli, ma pur possedendo questi un nome, a parte rari casi, risultano distanti, probabilmente perché lo sono davvero, ma troppo per essere colti in una particolarità che rimanga impressa. Ci si rende conto di quanto siano fondamentali per la poetessa e dell’importanza che hanno avuto o hanno, ma poco di più.
Nella sezione conclusiva, Aprendo la notizia, i temi e le rappresentazioni narrate tendono a essere più generalizzanti, quasi come se l’album si fosse concluso e non restasse altro da fare che guardare fuori dalla finestra e osservare gli altri, o ancora di più, in questo caso, guardare il telegiornale, poiché la poetessa comincia a riferirsi ad avvenimenti contemporanei sulla bocca di tutti. Questo cambiamento, per quanto riporti il lettore a una “comfort zone”, nel senso per cui è più o meno consapevole di cosa si stia parlando, provoca tuttavia quell’effetto spiacevole per cui il pensiero della poetessa, poiché non abbastanza saldo, rimane statico e troppo compiacente nei confronti del senso comune. In qualche modo, quindi, non offre nulla di più di quanto già non sapessimo o sentissimo.
Lo stile di Elisa Donzelli, come scritto precedentemente, è frenetico nella composizione. Nella sua frenesia, sembrando a volte un flusso di coscienza, è spesso privo di punteggiatura. Nello stesso tempo è ricco di enjambement che ci portano a una lettura di ritmo sostenuto. Non è sicuramente avvolgente e spesso appare grezzo, ma non collide – e anzi fomenta – con la creazione di immagini vigorose e colme di fantasia.
Per quanto oggi si parli spesso di “raccolte narrative” nelle quali viene raccontata una storia all’interno di una raccolta poetica, e per quanto album sembra volerlo fare come successione di eventi in una vita, le composizioni appaiono spesso sconnesse, come se tra l’una e l’altra ci fosse un salto temporale evidente ma incalcolabile, portando il lettore alla stessa voce che però di volta in volta, andando avanti col libro, possiede un’esperienza maggiore. Nel complesso, comunque, l’esordio di Elisa Donzelli si rivela una piacevole lettura, con degli buoni spunti soprattutto stilistici.
a Patrizia che è in vacanza con suo padre
mi stringe la faccia
la bambina che non ubbidisce,
pretende il sasso bianco
che ho trovato nel mare
lo disegna solo sui bordi e crea
un buco al centro.
Sono io che lo riempio
passandole i Turbo Giotto
lascio che scelga i colori –
il rosa l’azzurro il giallo
ancora il giallo pastello –
e punto al centro,
dove c’è spazio
per i figli degli altri.
Vittorio Parpaglioni