“Latte Sangue Fuoco”, una polifonia femminile

Latte Sangue Fuoco, Dantiel W. Moniz
(NNE, 2022 – Trad. di G. Guerzoni)

«Il sangue non è acqua», afferma un noto detto. Shelby, uno dei personaggi che animano le pagine del racconto Thicker than blood, ne rilegge il significato: «Secondo alcune teorie si tratta di una citazione errata. Pare che in realtà la frase fosse: Il sangue dell’alleanza è più denso del ventre materno, che avrebbe una connotazione opposta a quella comunemente usata. Nella tradizione araba è ancora più strano […]: Il sangue è più denso del latte».

Il latte e il sangue, la madre e il corpo, i legami della carne – queste sono le principali chiavi di lettura dell’opera d’esordio di Dantiel W. Moniz, una raccolta di racconti potente e viscerale in cui si alternano le sfaccettate voci di numerosi personaggi femminili. Il tema dominante è la fisicità del corpo della donna, declinato in due motivi centrali: la maternità e la sessualità, a cui si aggiunge sporadicamente un terzo elemento, corporeo quanto gli altri due – la morte.  

Le varie maternità descritte da Moniz sono delineate a partire dal legame fisico tra la protagonista e la sua estensione sanguigna, la propria figlia o la propria madre. Rayna, voce narrante del racconto Feast, desidera fortemente la maternità, ma subisce un aborto spontaneo nei primissimi mesi di gravidanza. La perdita della bambina (il sesso ancora non si era definito, ma Rayna sapeva di portare in grembo una femmina) è per lei in un lutto inconsolabile, un’ingiustizia divina che la rende egoista, cattiva, incapace di riconnettersi alle persone che la amano. Al contrario, nel racconto Necessary Bodies Billie vive una gravidanza tormentata, insicura se tenere o no il bambino, se diventare madre o continuare la propria vita, la sua relazione felice e imperfetta, mentre la piccola Sylvie in An Almanac of Bones è il probabile risultato di una gravidanza non voluta, la figlia messa al mondo e poi lasciata alle cure della nonna. Le madri e le figlie di Moniz non spezzano mai il cordone ombelicale. Il loro sangue scorre da un corpo all’altro, rendendole una cosa sola.

La sessualità è a sua volta un rapporto intimo ed esclusivo con il corpo, in cui l’Altro è solo un agente stimolatore, un detonatore di emozioni e di consapevolezze personali. Nel racconto Snow, l’Altro di Trinity è suo marito, con cui vive una vita infelice, priva di rapporti sessuali, un senso di mancanza che si riverbera nel modo in cui lei arriva a pensare a se stessa e a ciò che desidera. La protagonista di Tongues, Zey, è invece una giovane ragazza alle prese con la scoperta della sua sessualità in un ambiente religioso che pretende di insegnarle cosa non può essere fatto con il proprio corpo. Ci sono anche racconti “di confine”, in cui sessualità e maternità si incontrano e si scontrano. Una splendida storia in tal senso lega Frankie e la figlia Margot in The Hearts of Our Enemies: la madre cerca di riscoprire l’amore per sé e per il suo corpo in un debole rapporto extra-matrimoniale e la figlia non riesce a perdonarla – non perché Frankie abbia distrutto gli equilibri familiari, ma perché non ha avuto il coraggio di arrivare fino in fondo. Margot è in un periodo in cui sta scoprendo la sua sessualità, sondando i limiti di dove può arrivare con il suo corpo, e l’atteggiamento frustrato di Frankie è per lei indicativo di dove si colloca quel limite: troppo vicino.

La morte si aggiunge in punta di piedi a questa dicotomia latte-sangue, maternità-sessualità, dandovi una connotazione altrettanto fisica. La bambina senza madre di An Almanac of Bones si circonda di ossa, il residuo materiale della morte. Le protagoniste del racconto che dà il titolo alla raccolta, Milk Blood Heat, giocano invece a immaginare diversi modi per morire: potrebbero annegare nella vasca da bagno, scendere da una macchina in corsa, incastrarsi in un tritacarne, buttarsi giù da un edificio. Nel racconto Outside the Raft, la piccola Shayla ama sua cugina Tweet, eppure pur di salvare se stessa in un mare senza fondo si aggrappa alle sue spalle e la spinge sotto il pelo dell’acqua. La morte si insinua nelle vite dei personaggi più giovani dei racconti di Moniz, come una compagna di giochi.

Eppure, due racconti si allontanano dal reame femminile e intimo della raccolta. Il primo è The Loss of Heaven, in cui lo sguardo dell’autrice si sofferma sul personaggio di Fred, un autotrasportatore in pensione. Fred personifica un ideale di mascolinità tossica che lo rende incapace di aprire un dialogo con la moglie in un momento estremamente delicato della loro vita. L’unico protagonista maschile di Latte Sangue Fuoco è anche il personaggio più debole e insicuro dell’opera, il solo che non riesce nel finale ad accettare le sue debolezze e a farne virtù. Fred non ha speranze, perché non è lui l’artefice degli eventi che movimentano la sua storia, laddove gli altri personaggi femminili sono sempre figure attive e determinanti, pur nei loro umani difetti.

Il secondo racconto ad allontanarsi parzialmente dal clima intimo di Latte Sangue Fuoco è Exotics. La raccolta non si presta ad ampie riflessioni sociali. Tutte le protagoniste sono donne di colore, eppure è davvero raro che questo dettaglio abbia un ruolo nella costruzione narrativa o che si insinui in modo determinante nelle esperienze di vita dei vari personaggi. Ci sono alcune importanti eccezioni quando il ritmo della storia lo richiede, ma i riferimenti non appaiono mai forzati.  

«Avrai sentito dire che ogni forma di vita ha avuto origine in Africa, ma hai pensato a cosa significa? mi chiede. Che anche i primi dèi erano neri?
Sono sicura che non vedesse l’ora di dirmi questa cosa fin da quando ci siamo incontrate. Vuole farmi sapere che è un’alleata. Che per lei mio fratello non è un feticcio. Vuole fare colpo. Vorrei dirle che non c’è bisogno di sforzarsi tanto: sia io che Lucas siamo cresciuti in un sistema scolastico perlopiù bianco, quindi eravamo molto esotici e siamo più che abituati a stare con i bianchi. Vorrei raccontarle tutte le cose ridicole che abbiamo sentito nel corso degli anni come prova di questo tipo di alleanza – tutti che hanno amici neri e i voti migliori in letteratura spagnola – ma lei è carina con me e quindi la assecondo.» (pp. 154-155).

La sola eccezione è Exotics, il racconto più breve della raccolta, ma anche l’unico a prestarsi a una critica sociale. Per la prima volta i personaggi non hanno nomi, generi o madri. I loro corpi sono neri, un dettaglio improvvisamente rilevante perché posiziona i personaggi in fondo alla scala sociale del Supper Club, un luogo esclusivo dove uomini bianchi vestiti da animali si ingozzano di cibi rari e pregiati. Nelle altre storie, anche quando l’elemento discriminatorio ha un effettivo impatto sulla vita quotidiana dei personaggi, la critica sociale viene attutita dal focus sulla loro intimità, sulle loro battaglie private.

Sylvie è una bambina “strana” perché sua nonna viene chiamata zingara, ma il suo vero, intimo problema è il rapporto che (non) la lega alla madre giramondo. Rayna accusa il marito bianco di essere felice che la sua gravidanza non sia andata in porto perché in realtà non ha mai voluto una figlia nera. Trinity fa la cameriera in un bar frequentato da uomini bianchi e benestati e in cuor suo crede di essere per loro un oggetto esotico. Ava è più carina e più marrone della sua amica Kiera, e per questo è anche quella più ignorata, ma sono altre le ragioni per cui la ragazza sente un profondo vuoto dentro di sé. Il colore della pelle non è un fattore a-sociale e non c’è alcuno sforzo per fingere che non abbia un ruolo nel modo in cui i personaggi si relazionano con gli altri, ma non è mai il focus della storia, non assume mai un ruolo determinate nella narrazione.

Latte Sangue Fuoco è un esordio maturo e convincente, capace di offrire diverse forme a un tema comune senza per questo renderlo mai scontato o ripetitivo. Lo stile narrativo limpido e ritmato rende gradevole anche i racconti meno profondi, ed è apprezzabile notare come l’autrice sappia adattarsi ai tempi della storia modificando alcune formulazioni linguistiche e le costruzioni dialogiche tra un racconto e l’altro. Ogni storia è un’entità a sé. Allo stesso modo, ogni voce femminile – ogni corpo – è una figura unica e irripetibile.


Anja Boato

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...