Frammenti di un ritratto d’autore

Ritratto del Barone d’Handrax, Bernard Quiriny
(L’Orma Editore, 2022 – trad. N. Petruzzella)

Visto che il Barone d’Handrax è diventato quasi casualmente il protagonista di questo romanzo, concediamoci qualche riga per descriverlo: un uomo di famiglia nobile e ricca che compra case antiche per diletto e invecchia quando va in città, pieno di passioni più o meno condivisibili, come organizzare “cene di teste” con i sosia di intellettuali celebri del passato, rintracciare cadaveri umani insieme al club degli sniffatori o fingersi bambino per passare giornate intere dentro un istituto scolastico. Nel suo castello convive con la moglie, baronessa algida e insicura che non sa perdere a carte, l’amante, una donna gentile e forte, i figli avuti da entrambe, più o meno simili a lui, e il maggiordomo Henri, che nel tempo libero scrive romanzi erotici.

Bernard – nome dell’autore nonché voce narrante – l’ha conosciuto mentre faceva delle ricerche su un suo avo, Henri Mouquin d’Handrax, un pittore minore. Ha dedicato anni a studiare e riprodurre le sue opere, ma la vera scoperta dei suoi studi è stata la conoscenza del Barone Archibald d’Handrax. È per questo che ha deciso di dedicargli un libro, che nei fatti ne ritrae la scoppiettante personalità descrivendo le stranezze della sua vita.

Su Il Rifugio dell’Ircocervo abbiamo parlato spesso di Bernard Quiriny, scrittore belga classe ’78 che in Italia è stato adottato dalla casa editrice L’Orma, a cui si deve la traduzione di cinque dei suoi libri. Tre di questi sono raccolte di racconti, due sono romanzi, ma la differenza è puramente nominale: entrambe le formule letterarie in realtà sono frammentate, episodiche e intrecciate.

Anche se Ritratto del Barone d’Handrax è quanto di più vicino a un romanzo Quiriny abbia mai scritto, insieme al recente L’Affare Mayerling, la sua composizione interna strizza l’occhio alla tradizione di racconti brevi e brevissimi che caratterizza da sempre le sue opere. Pur costruendo una narrazione coerente, non esiste una trama orizzontale abbastanza solida da richiamare la formulazione di un romanzo tradizionale. Ritratto del Barone d’Handrax è letteralmente questo, un ritratto: spezzoni brevi e brevissimi della vita e della personalità di un personaggio assurdo e delle persone di cui si circonda. Quiriny riporta alcune delle conversazioni che finge di aver avuto con lui: riflessioni sul dittatore perfetto, sui romanzi che avrebbe potuto scrivere e che non scriverà mai, sul perché non bisognerebbe parlare mangiando o sul paradosso del sadomasochismo, per esempio.

SADOMASOCHISMO
Di come finimmo a parlare di sadomasochismo non ne ho davvero la più pallida idea. Però ricordo perfettamente questa dichiarazione del barone: «Poniamo che ci sia un sadico che frusta un masochista. Il masochista adora essere frustrato. Ma allora, se dà alla sua vittima quel che desidera, che fine fa il piacere del sadico? Se l’uno è felice di prenderle, l’altro non potrà essere felice di darle.»
Sono quasi certo di non aver risposto nulla e, del resto, non vedo cosa avrei potuto rispondere. (pp. 82-83)

Quiriny descrive anche episodi brevi e significativi della vita del Barone, abitudini bizzarre, tratti della sua personalità – in altre parole, elementi di un puzzle che il lettore si diverte a ricostruire prestando poca attenzione ai deboli legami tra un frammento e l’altro, quegli accenni di trama disseminati nel corso dell’opera che fanno intendere la presenza di un’evoluzione.

Ed è proprio in questo che risiede il piacere della lettura: la scoperta, la ripetizione, il gusto per l’assurdo, il fascino della creatività. Quiriny è una fucina di idee, ogni pagina espone una follia in più, ogni follia si incastra con le altre formando un mosaico coerente. Le sue raccolte di racconti riescono a rendere al meglio questo meccanismo di fascinazione per l’assurdità, raccogliendo spunti brevi e brevissimi di mondi irreali o personaggi grotteschi.

L’Affare Mayerling, il primo romanzo di Quiriny pubblicato da L’Orma, aveva il difetto di ripetere la stessa struttura con un respiro diverso, così ripetitivo da risultare quasi noioso – al contrario, Ritratto del Barone d’Handrax riesce a ottimizzare i limiti di questo formato trasformando la lettura in un gioco, un momento di distrazione legato a un numero di pagine tutto sommato contenuto, eppure ricco di spunti su cui riflettere.

Se quindi è vero che la scrittura di Quiriny si presta prevalentemente alla formula del racconto breve, il compromesso raggiunto in Ritratto del Barone d’Handrax è la prova che sia possibile estendere la costruzione iper-frammentata della raccolta di racconti a un universo più ampio, dando trasversalità e unità ai singoli tasselli del mosaico. Ciascuno dei micro-capitoli sul Barone d’Handrax sarebbe potuto comparire singolarmente in una raccolta più canonica, ma il fatto di contribuire a tracciarne il ritratto rende l’esperienza di lettura più coinvolgente. Sono pochi i personaggi di Quiriny a cui è facile affezionarsi: il Barone Archibauld d’Handrax è di sicuro uno di questi. Alla chiusura dell’ultima pagina, il lettore sente di aver trovato e perso un amico.

Le opere di Quiriny non sono moralmente sconvolgenti, emotivamente forti o intellettualmente impegnate. Sono però intelligenti, caustiche, intricate, surreali e quindi affascinanti – una cifra stilistica unica che rende ogni romanzo o raccolta di racconti godibile nella sua singolarità, ma ancora di più nel quadro d’insieme. Leggete Ritratto del Barone d’Handrax, ma leggete anche tutto il resto.

Anja Boato

Immagine di copertina: https://pixabay.com/it/photos/schiaccianoci-montagne-del-minerale-4707211/

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