Il Domicilio sconosciuto della letteratura del Sudamerica

Domicilio sconosciuto, Luciano Funetta
(Utet, 2023) 

Domicilio sconosciutoDomicilio sconosciuto è il primo saggio di Luciano Funetta, scrittore e libraio classe 1986. Partendo dal sottotitolo del libro, si ha un’iniziale dichiarazione di intenti dell’autore: Perdersi nella letteratura latinoamericana, ed è proprio quest ciò che si fa seguendo Funetta nelle sue peregrinazioni. Anzi, più che Funetta, meglio dire Guerra, alter ego dell’autore nonché voce narrante.

Dalle prime pagine del libro, si apprende che l’uomo – portiere notturno di un Istituto, l’Hotel Ibsen – ha ricevuto un incarico da un non meglio precisato Direttore: scrivere un saggio sulla letteratura latinoamericana e sui nomi che l’hanno resa grande. La letteratura latinoamericana è, per la verità, l’Istituto stesso, un grande edificio dalle finestre sfondate di cui viene raccontata soltanto la vita notturna, quella in cui gli ospiti sono chiusi nelle loro asfittiche camere.

A partire da questa iniziale metafora, Domicilio sconosciuto si struttura come un’allegoria che non fa che ingigantirsi. Soltanto alcuni degli scrittori trattati vengono chiamati per nome, e di poche delle loro opere viene data un’effettiva interpretazione univoca. Guerra intraprende un vagabondaggio complesso e onirico, che va dall’incubo al sofisticato gioco di pensiero, fino ad arrivare al divertissement intellettuale.

La mappatura della letteratura latinoamericana è quella, personalissima, di Guerra stesso, che imposta convulsamente frammenti di racconti in un mosaico comprensibile soltanto una volta che lo si osserva da più lontano. Domicilio sconosciuto è un racconto lungo formato da molteplici racconti brevi, in linea con le tendenze degli autori latinoamericani. Per questo risulta legato intimamente alla crudeltà che emerge dalle penne degli scrittori di racconti, i quali, al contrario di quanto spesso accade con gli autori dei romanzi, non sono mai pronti a fornire un vero e proprio finale, e, per questo, intraprendono un gioco al limite del sadismo con i lettori.

Approcciarsi all’Istituto, e ai suoi ospiti epifanici, significa accettare di non sapere scindere il reale dall’irreale. Nella sede labirintica e notturna dell’hotel, di cui non vengono mai raccontate le ore diurne, si spostano invisibili e non tangibili scrittori, evanescenti creature al limite della realtà, che non sempre appaiono e di cui non si conosce la natura, ma che producono rumori misteriosi e inintelligibili. Si tratta degli autori che scrivono un tipo di letteratura che mette in dubbio la propria stessa esistenza, che viene cercata senza avere la certezza di trovarla.

In apparenza anche Piglia dice: uscite di casa e cercate la letteratura dove non dovrebbe essere. È un invito alla tremenda notte, come direbbe Kipling.

In questo permeante senso di incompiutezza, Guerra cerca un certo Esule, ma non lo trova. Al suo posto c’è un appartamento vuoto e un cellulare che trilla. La suoneria è una canzone di Elvis Presley. Soltanto quando ormai il libro volge al termine – quando si capisce che è impossibile cercare un percorso lineare per raccontare e spiegare la letteratura latinoamericana – si intuisce che il Direttore è Borges e che l’Esule potrebbe essere Cortázar.

L’opera di Funetta si rivela essere molto di più di un saggio sulla letteratura latinoamericana. Potrebbe essere definito un libro picaresco postmoderno. A Guerra viene assegnato un compito che, tuttavia, non riesce a portare a termine. Nel frattempo organizza un viaggio, che è un percorso esistenziale, quasi un bildungsroman. Anche lo scopo del viaggio, però, fallisce, e Guerra torna, in un certo senso, al punto di partenza. Nonostante questo percorso ad anello, il protagonista è cambiato rispetto a com’è partito, più consapevole della natura difficilmente domabile dalla letteratura e dell’assenza di risposte alle sue domande. Al tempo stesso, se Guerra è l’alter ego dell’autore possiamo affermare che è invece riuscito nel suo intento di scrivere, di cercare di comprendere e far comprendere.

L’indefinitezza, la letteratura che si interroga sulla sua stessa natura, le avventure che, alla fine, non portano a nulla, i riferimenti alla cultura pop costituiscono il cuore di quest’opera dalle caratteristiche postmoderne. I nomi degli scrittori tenuti celati e i continui riferimenti spesso impliciti alle loro opere costituiscono il divertissement costruito intorno al nucleo centrale, il gioco che Funetta instaura con il lettore, rompendo la quarta parete e mostrando la finzione del racconto stesso, spingendo chi legge a stare al gioco mettendosi, sempre crudelmente, alla prova.

Funetta, in questo primo saggio dalla natura ibrida, dà prova di aver compiuto un ampio lavoro di ricerca, al fine di padroneggiare la materia al punto di tessere una complicata trama irreale intorno ad essa. L’elaborato a cui arriva è totalmente diverso rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare e a cosa è generalmente considerata saggistica, per avvicinarsi ad una perturbante esplorazione dell’irreale.

Eleonora Mander

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