Incontrare il secondo capitolo di un’opera sei mesi dopo l’uscita del primo (vi consiglio di leggere la recensione di Macerie Prime, nel caso vi sfuggisse qualcosa), e assistere ai mutamenti dei personaggi (i quali – anche loro – non si sono visti per sei mesi)è come incontrare un vecchio amico che non ricordi più tanto bene. Come quando fai un viaggio, incontri qualcuno con cui ti sei divertito sin da subito, e poi lo incontri dopo tanto tempo e hai difficoltà a trovare argomenti.
Eppure ricordavi di aver avuto confidenza con quella persona; improvvisamente, chissà come, tutto sembra più difficile da far ingranare.
“Macerie Prime sei mesi dopo” è esattamente così. Poi però la marcia ingrana, il motore si riscalda e inizia il godimento; esattamente come succede con gli amici lontani. È tutta questione di ritmo, e Zerocalcare ne ha, ne ha tantissimo.
Anche in questa occasione, come era accaduto con la volta precedente, ho letto il libro in quattro ore scarse, divorandolo ancora: questa volta è accaduto in un placido turno alla biblioteca universitaria per la quale lavoro. Per l’ennesima volta me ne sono pentita, ma sono corsa ai ripari: l’ho riletto per la seconda volta, in modo più lento. Ho decantato la lettura e ne ho tratto delle conclusioni più oggettive.
In questa graphic novel, la storia dei nostri amici è continuata, e loro hanno avuto sei mesi di tempo per non sentirsi, allontanarsi tra loro, infittire quella rete di silenzi e frustrazioni che era scoppiata nel capitolo precedente. Zerocalcare si è ancora di più rinchiuso nel suo fortino fatto di menefreghismo e freddezza, e tutti i suoi amici hanno continuato a perdere i pezzi sotto il peso dei loro drammi esistenziali.
Questo libro risulta meno ironico del precedente: c’è più pathos, c’è una tristezza dilagante che non lascia molto spazio al riso – invece tipico dello stile di Zerocalcare. Nella precedente recensione avevo intuito che qualcosa di ancor più triste sarebbe giunto; sapevo, in cuor mio, che quel capitolo precedente fosse solo il preludio ad una “mazzata malinconica”. Avevo ragione: questo secondo capitolo è la conclusione degna di un’opera di Zerocalcare, il quale non si pone mai solo l’obiettivo di strappare una risata. Il fatto è che quest’opera, proprio perché divisa in due, risulta – nella seconda parte – molto più affranta del solito.
Questo non so dire se sia un male o sia un bene: non voglio dire non abbia riso, perché la narrativa di Zerocalcare è prettamente tragicomica,
ma d’altro canto questa è stata una lettura più profonda.
Il testo sembra essere maturato con l’artista, come se gli eventi avessero effettivamente scavato dei solchi tra i personaggi e avessero allontanato i protagonisti tra loro. Alcuni si salvano, altri meno, altri per nulla. Sicuramente questo è il pregio che porta scrivere in modo autobiografico, avere l’opportunità di raccontare la vita per quella che è, con molti meno filtri narrativi e narratologici.
Nonostante questo, la graphic novel riesce a lasciare nel lettore un umore speranzoso. Dopotutto, le Macerie Prime non sono niente altro che il nocciolo duro dell’anima delle persone che crescono, maturano e cambiano col tempo. Non si è mai più gli stessi, e quelle paure che ci caratterizzano, i difetti che ci portiamo dietro dall’infanzia, i traumi che ci hanno creato i problemi della vita, ci hanno reso più spigolosi, meno disposti alla condiscendenza e al compromesso: il nostro cuore si allarga e si stringe e certe cose – semplicemente – non hanno più la stessa misura che avevano. Ma questo non vuol dire che le cose non possano cambiare al nostro ritmo. Ci vuole solo pazienza. Io non ho trent’anni, non ancora, ma inizio a capire ciò di cui ci parla Zerocalcare.
Il romanzo era cominciato come un racconto generazionale e personale, e si è concluso nella stessa maniera. Attraverso le vite dei suoi amici (e anche la sua, of course), Zerocalcare è riuscito a tracciare un ritratto – abbastanza fedele – di tutte le paure che caratterizzano la mia generazione e quella precedente. Forse sono troppo giovane per sentirmi disillusa, arrabbiata, frustrata, ma in un modo o nell’altro so che ci sono delle cose che non torneranno più (e qui mi sovviene Nanni Moretti che, in Palombella Rossa, corre in costume e urla che le merendine di quando era bambino non torneranno più).
In conclusione, questo secondo capitolo mi ha lasciata con più amaro in bocca del precedente: ho riso di meno, ho letto il libro con più fretta e – anche alla seconda lettura – non sono davvero riuscita a lasciarmi andare. Il primo capitolo è stato un meraviglioso inizio, conclusosi con qualche risata e molta ansia per il futuro. Nonostante questo l’ho apprezzato, perché Zerocalcare per me resta un grande cantore generazionale. Chissà, forse tutti i pezzi sparsi in Macerie Prime, dopo esser tornati al loro posto, assumeranno nuova forma e calzeranno bene, infine. Oppure cambieranno forma e avranno nuova linfa vitale. Io sono ottimista.
Clelia Attanasio