L’uomo trema, ma non desiste

L’uomo che trema, Andrea Pomella
(Einaudi, 2018)

andrea pomellaCi vuole coraggio per mettersi a nudo e mostrare tutte le proprie fragilità; ci vuole coraggio per guardarsi dentro, e cercare di capire cosa sono tutti quegli “gnommeri” che si aggrovigliano intorno al proprio animo, ingabbiandolo. Infine, anche se si tratta del proprio benessere, ci vuole coraggio per iniziare una terapia farmacologica impegnativa sia per il fisico sia per la mente, al fine di poter anche solo sussurrare sottovoce che – forse – si è sulla via della guarigione. Questo è il caso che si presenta nell’Uomo che trema, ultimo romanzo di Andrea Pomella edito da Einaudi.

Il protagonista e narratore della storia è un uomo affetto da depressione maggiore che narra un particolare momento della sua convivenza con la malattia: dopo quarant’anni di quiescenza, il «cattivo umore» si è insinuato con prepotenza tra le pieghe ombrose della sua anima, appesantendo ancor di più i già grevi pensieri che da sempre gli occupavano la mente: se prima l’idea di insensatezza della vita era accompagnata da inquietudine, ansia e spaesamento, adesso quello che egli sente è il nulla: tutto è privo di valore.

Allarmato da questa terrificante presa di coscienza, il protagonista si confida con la sua compagna di vita che, prendendo in mano le redini della situazione, gli trova subito uno psichiatra a cui rivolgersi. Già al primo incontro, il medico identifica il trattamento farmacologico più adeguato composto da antidepressivi, ansiolitici e ipnotici. L’uomo che trema comincia così a tremare, poiché tra i vari effetti collaterali elencati sui lunghi bugiardini degli antidepressivi c’è anche la mioclonia, disturbo per cui i muscoli sono attraversati da contrazioni repentine e brevi spasmi involontari. I ricorrenti tremori si affievoliranno man mano che il suo corpo si abituerà ai farmaci; ma prima di quel momento rappresenteranno una costante pronta a indicare con virulenza quanto lo stato psico-fisico del narratore permanga fragile e delicato, anche a dispetto del trattamento.

L’inizio della terapia e il repentino peggioramento del disturbo (preventivato dal medico) segnano la prima parte del romanzo, che si conclude con l’avvicendarsi del pensiero più negativo possibile per una persona affetta da depressione maggiore: desiderare che quel frastornante silenzio interiore si fissi nella placida freddezza dell’immobilità fisica. A questo episodio seguiranno una serie di circostanze che porteranno il protagonista a cambiare psichiatra e, in parte, anche terapia. Infine, nella parte conclusiva, il trattamento comincia a portare i primi risultati positivi, avvicinando il malato ad una timida ma speranzosa fiducia nell’avvenire.

L’uomo che trema si può fregiare di svariati meriti. Primo tra tutti: la scrittura memorialistica, che ricorda molto il diario di bordo di un navigatore – o, in questo caso, di un naufrago in cerca di salvezza – il quale permette al lettore di immergersi in una narrazione priva di intermediari. Questo carattere marcatamente intimista ha il pregio di rendere naturale l’identificazione del lettore con il protagonista, per cui è davvero semplice entrarci in sintonia.

Ciò si evince in particolar modo quando il lettore assiste alle sue sedute con gli psichiatri: il primo è un medico che si occupa di trattare la malattia senza mostrare particolare interesse nei confronti della persona che si cela dietro di essa. Di contro, il secondo psichiatra è quello che riesce davvero a empatizzare con il malato, ascoltandolo e infondendogli rinnovate energie. Il lettore, alla luce di questi episodi, dapprima si sconforta, ma poi può solo commuoversi di fronte al senso di conforto che il secondo psichiatra trasmette al suo paziente.

Un altro merito dell’Uomo che trema è il fatto di sottolineare più volte con fermezza che il disturbo depressivo è una vera e propria malattia, e che le si deve riservare tutta la dignità del caso. Questa non è una considerazione scontata, e per quanto nel mondo occidentale ormai si sia sdoganata – almeno in parte – quella reticenza che impediva ai malati di parlare della propria condizione apertamente, ogni valida testimonianza informativa in merito è sicuramente ben accetta. In questo senso, Andrea Pomella non solo è artefice di un ottimo testo letterario, ma ha anche svolto un servizio pubblico, mettendo a disposizione della comunità la sua personale esperienza di vita attraverso il genere romanzesco.

Per ciò che concerne i riferimenti intertestuali, da una parte è imponente la figura di Elliott Smith, il cui disco Either/Or è il leitmotiv musicale di tutto il romanzo; dall’altro lato, nell’Uomo che trema si citano Franz Kafka, David Foster Wallace, Giuseppe Berto, autori che hanno riflettuto sulla natura del loro profondo malessere interiore lasciando all’umanità un patrimonio di testi stupendi, dolorosi, e allo stesso tempo rivelatori.

Protetto e affiancato in spirito da questi grandi prosatori, Andrea Pomella descrive il suo personale «conflitto con il padre» con intensa capacità di autoanalisi, contrapponendo alle vicende dell’uomo di oggi in lotta con la depressione il bambino di ieri che rimembra i momenti più dolorosi della sua infanzia, individuando quelli più traumatici. In questa ottica, la compagna Grazia e il figlio Mario sono i protettori della sanità mentale dell’adulto che si dibatte e trema, mentre il lettore diventa il vero confidente della storia pregressa alla malattia del lui-bambino, che gli affida in toto i propri segreti.

È nella fusione di questi due movimenti narrativi che la scrittura diventa terapeutica e attiva tutte le sue proprietà taumaturgiche. Per l’autore la soluzione non risiede nella psicoterapia; è consegnandosi così com’è al suo pubblico di lettori che riesce a dare senso alle sue difficoltà e a trovare protezione dalle grinfie della malattia. In concerto con il ruolo benefico della scrittura come atto liberatorio, opera Grazia, che produce affetto e amore così come il piccolo Mario, simbolo del trionfo del protagonista nei confronti del proprio genitore, dal quale riesce finalmente a distaccarsi esperendo egli stesso la paternità. La malattia rimane sempre in agguato, ed il grande coraggio risiede nel conviverci giorno dopo giorno, senza arrendersi mai.

Angela Marino

 

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