L’educazione, Tara Westover
(Feltrinelli 2018 – Trad. S. R. Sperti)
Nel 2018 una sorta di caso letterario si è verificato negli Stati Uniti. La giovane scrittrice Tara Westover ha raggiunto con il suo primo romanzo una notorietà straordinaria e numerosi riconoscimenti; L’educazione, pubblicato in Italia da Feltrinelli, è tradotto in decine di lingue.
L’educazione è un’autobiografia: la protagonista è Tara Westover, nata e cresciuta nell’Idaho in una famiglia di mormoni oltranzisti, impegnati in una lotta secolare contro lo Stato nell’attesa dei Giorni dell’Abominio.
Tara e i suoi fratelli crescono senza mai vedere un medico, senza certificato di nascita, senza andare a scuola: fin da piccoli lavorano nella discarica di rifiuti del padre, preparano scorte di cibo per la fine del mondo, aiutano la madre guaritrice a preparare erbe e oli essenziali. Tutto ciò accade fra gli anni Ottanta e i Duemila, ma la casa ai piedi di Buck Peak sembra rimasta indietro nel tempo: non arriva né la globalizzazione, né la tecnologia, e neppure qualche nozione sulle Torri Gemelle o l’Olocausto.
Fin qui dunque il libro suscita un certo interesse nei confronti delle tradizioni e delle pratiche dei mormoni, una comunità molto chiusa che in queste pagine viene descritta dall’interno. Ma c’è anche dell’altro. La vita a Buck Peak non è un’esperienza di “beata ignoranza”, ma un’esistenza violenta: di una violenza fisica e, più agghiacciante ancora, psicologica, che ha origine nell’arretratezza, nella fede cieca, nel pregiudizio, nella segregazione. Il libro assume quindi uno spessore inaspettato nel creare fra quelle pareti domestiche un viluppo inestricabile di amore, paura e rimorso. Tara lo reciderà poco alla volta, imparando sui libri la libertà e il diritto di pensare con la propria testa, ma a quale prezzo? Quanto un’educazione può cambiare la vita di una persona? Quanto dolore porta la conoscenza?
Leggendo un’ autobiografia (il titolo inglese è Educated. A memoir) bisognerebbe non fidarsi dell’autore. Che cosa è realtà e che cosa è finzione? Porre questa domanda non significa sbirciare nella vita di chi scrive, ma chiedersi come egli abbia plasmato il vero tramite il finto. Una Nota dell’autrice afferma che alcuni nomi propri sono stati inventati: segue un elenco che copre una piccola parte dei personaggi del libro, fra i quali vi rientrano il padre e il fratello violento. Perché cambiare il nome del padre e del fratello fra tanti altri che invece sono (si suppone) veri? E perché esplicitarlo?
Ecco dunque una chiave di lettura per un libro che merita di essere letto e soprattutto ponderato: L’educazione come una catarsi, una purificazione del senso di colpa di Tara nei confronti dei suoi famigliari, perché per diventare una persona libera ha dovuto tradirli, denunciarli, rinnegarli. Il “male oscuro” della sua vita sono stati suo padre e suo fratello, e la selettività con cui ha inventato i loro nomi anziché altri indica quanto difficile e autolesionistico sia stato rendersene conto e liberarsene. «Potete chiamare questa presa di coscienza in molti modi. Chiamatela trasformazione. Metamorfosi. Slealtà. Io la chiamo un’educazione».*
*T. Westover, L’educazione, Milano, Feltrinelli, 2019, p. 371.
Adriano Cecconi