Sulla poesia di Paola Setaro: l’insostenibile leggerezza dei versi

Non potevo metterci anche l’orizzonte, Paola Setaro
(Edizioni La Gru, 2019)

 

Non potevo metterci anche l’orizzonte è un esordio poetico pervaso da profonda leggerezza ed eleganza del dire: è poesia che nasce nello sguardo, da un modo delicato e intenso di situarsi nel mondo per osservarlo e analizzarlo con cura e tenerezza. Questo logos si espande sulle pagine in una versificazione scandita dal moltiplicarsi lussuoso sebbene non estetizzante di gesti, colori, oggetti, suoni e odori relativi in particolare alla dimensione amorosa dell’assenza:

«Non intuivo ancora la trama / quando mi dicevi  / qui un tempo c’era palude / tutto sapeva di fango tiepido / e io dal balcone / seguivo la misura del tuo passo / per vederti sparire dietro le case / e tornare con il viso di pietra».

È proprio l’amore ad essere al centro della poetica di Paola Setaro, un sentimento vissuto e raccontato come necessità di scoperta di sé e della realtà che attraversiamo ogni giorno. Significativa in questa visione dell’amore come ricerca di un sentire è la scelta di racchiudere i versi all’interno di un’incessante dialogicità in cui l’io e il tu poetici si cercano, sfiorano, a volte sovrappongono, creando intensità e  perturbamento: «Di te mi restano / le mani fredde / i passi pesanti per le scale / e il viso stanco / di un dolore che non sapevi dire». Il tono elegiaco si lascia tuttavia docilmente turbare dall’introiezione di segnali ed elementi del mondo di fuori, così ché le ferite individuali del soggetto assente possano connettersi all’esperienza universale della perdita: «Chissà com’è successo / ma era tristezza ostinata / un cielo pallido senza soluzione, / se disegnavo un percorso di fuga / e non riuscivo a partire».

La struttura dell’opera è fondata sullo stravolgimento dell’ordine delle diverse fasi del discorso amoroso (incontro, conoscenza, innamoramento, crisi e rinascite), attraverso un montaggio alternato con continui flashback e flashforward in stile tarantiniano: l’autrice, rifacendosi alla linea neo-romantica dei vari De Angelis, Buffoni, Annedda, Campo (non a caso citata in epigrafe) e Sexton, ha interiorizzato la consapevolezza della scena intesa come l’insieme dei riferimenti su cui organizzare il nostro pensiero e il nostro linguaggio.  Lo scaturire delle visioni è fondato infatti su un abbassamento della retorica neo-romantica, con il flusso di parole che affonda nel concreto e genera un effetto cinematico di descrizione della scena:

«La ferita è sempre qui
e senza suono
mi richiama
mi rincorre,
affonda in giorni remoti
in stagioni sbilanciate.
Non temo più le ore bloccate
mentre mi vedo consegnata
a un alfabeto straniero,
dove si parla di sangue
di respiro modulato
dove le cellule sono filo spinato
e il tempo una congiura».

Degna di nota è da questo punto di vista l’idea di inserire all’inizio di ogni sezione delle fotografie realizzate dalla stessa autrice, istantanee metafisiche di una realtà (o dei sogni?) raffiguranti scale, pareti, davanzali, interni avvolti in un raffinato gioco di luci e ombre. È sottrazione dell’umano per rappresentare l’assenza, ma anche messa a fuoco della sensazione di impossibilità del dire che si pone all’origine dell’estinzione del fuoco amoroso: «Se tu ci hai messo il silenzio, / io non potevo metterci anche l’orizzonte».

Per quanto riguarda gli aspetti formali, assistiamo a un dipingere per sottrazione, nella ricerca di un linguaggio primitivo e di un lampante quanto consapevole sfacelo degli aspetti sintattico-logici che genera stupore: «I sogni all’alba sono / un eterno indovinello, / oggi una villa vuota / dove tu mi aspetti / in un umido giardino / e non so spiegare / se sono io o le piante / ad avere sete». Prevale, nella scelta dei tempi verbali, l’uso del condizionale, il tempo del dubbio, funzionale al racconto della realtà in quanto insieme di percezioni relative: «Sembrerebbe la Francia, forse Parigi, / luce metallica / addensato di pioggia, / se non fosse per un cane randagio / e i miei pensieri da periferia».

Nel contesto poetico attuale dominato dalla dispersione degli stili e delle voci, la poesia lieve e riflessiva di Paola Setaro merita grande attenzione, soprattutto perché mette radici in una genealogia autoriale tendente a considerare la poesia come tentativo di conoscenza e di riflessione sul mondo.

Emmanuel Di Tommaso

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