Il serpente, Stig Dagerman
(Iperborea, 2021 – Trad. Fulvio Ferrari)
Grazie a opere di enorme successo come Autunno tedesco, Il nostro bisogno di consolazione, Bambino bruciato e Il viaggiatore, il nome di Stig Dagerman non è ignoto nel panorama letterario internazionale; questi è, infatti, ad oggi uno degli autori del Novecento svedese maggiormente apprezzati in patria e all’estero, dall’intensissima produzione letteraria realizzata nell’assai breve tempo della sua esistenza. Una tale fama poteva essere solo immaginata nel 1945, anno in cui un giovane Dagerman, appena ventiduenne, non nuovo al mondo editoriale e dell’attivismo culturale ma ancora sconosciuto come scrittore, diede alle stampe il suo primo libro: Ormen, “Il serpente”, il testo che, suscitando grandiosi entusiasmi, lo consacrò all’attenzione della critica.
L’esordio narrativo di Dagerman, tradotto per la prima volta in italiano dalla provata competenza del Professore Fulvio Ferrari (che abbiamo avuto occasione di intervistare qui qualche anno fa), che a tal punto (e meritatamente) sconvolse la critica nazionale, è un’opera che difficilmente si lascia incasellare in un genere. Oscillando tra la raccolta di racconti e il romanzo, incarna caratteristiche di entrambi: stesso ambiente, stesso piano temporale, una partizione in due sezioni popolate da personaggi diversi: la prima più ampia e unitaria, la seconda frammentata in una serie di racconti; l’animale del titolo, strisciando di capitolo in capitolo, ora come sensazione, ora come metafora, ora come bestia viva, assicura unità al di là delle divisioni.
Fin dall’incipit, la scrittura si mostra precisa, netta, evocativa; visioni e rumori si stagliano senza sforzo nella mente del lettore grazie alla potenza delle parole. Lo stile, nel complesso del testo, è quasi acrobatico: si destreggia tra molte dimensioni narrative, alternando con equilibrio mai incerto la realtà oggettiva e quella soggettiva, i pensieri, le immaginazioni, i simbolismi, variandosi con il gusto di uno sperimentalismo che non sfocia mai nell’eccesso surrealista. Sorprendente è, considerata la giovanissima età dell’autore, la perizia tecnica dimostrata, mai meramente fine a se stessa; un virtuosismo a volte lirico dell’espressione si comprende facilmente, se si tiene presente che all’epoca Dagerman era già attivo come autore di versi poetici.
Quella degli scrittori come il nostro è stata una generazione dedita alla ricerca di nuovi mezzi espressivi, alla rottura radicale con la tradizione da un punto di vista anzitutto linguistico, ma anche stilistico, etico, metafisico. Dagerman esordiente è più esplosivo, negli aspetti espressivi, di Dagerman autore più maturo; ma Il serpente contiene già in nuce quelli che saranno alcuni dei suoi temi ricorrenti: le idee libertarie e il loro declino, il militarismo, il ‘cerchio di ferro’ che costringe l’uomo a una costante, dolorosa pressione, che sia quella esercitata dall’angoscia esistenziale o dall’apparato statale con le sue norme e le sue colpevoli cecità, la ricerca di un intimo senso della vita.
Il serpente è un testo intellettualmente ed emotivamente impegnativo. In un complesso gioco di incastri e rimandi celati, le due parti si danno luce l’un l’altra in un intreccio di specchi e angolazioni a distanza di pagine e pagine, per cui dettagli apparentemente infimi o oscuri possono essere compresi solo sfogliando gli ultimi capitoli; il livello d’attenzione è costante.
Il serpente è un libro sulla paura in tutte le sue possibili declinazioni: un animale soffocante, onnipresente, dalle spire che ovunque s’insinuano e che tiene svegli la notte. L’opera, giustamente definita dal traduttore e docente francese Philippe Bouquet “bozza geniale di un Decameron sull’angoscia”, propone ad essa anche una soluzione come un prematuro testamento intellettuale: emanciparsi dalla paura della paura, per dare vita all’afflato indomito tipico di chi, pur deluso, pur disincantato, non riesce a smettere di credere nell’uomo.
Alessia Angelini
In copertina un ritratto dell’autore da Wikimedia Commons (Public Domain)
Mangiato dallo stesso serpente, purtroppo. Uno scrittore che ho amato fin dalla lettura del suo primo romanzo edito in Italia. Leggerò subito questo nuovo. Grazie.
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