“Di sangue e di ghiaccio” e di piacevoli sorprese

Di sangue e di ghiaccio, Mattia Conti
(Solferino Libri, 2018)

cover

Classe 1989, vincitore nel 2011 della XVI edizione del Premio Campiello Giovani, Mattia Conti è in libreria con il romanzo Di sangue e di ghiaccio. Si tratta di un doppio esordio: l’opera è edita dalla Solferino Libri, casa editrice di recente fondazione legata, fin dal nome, al Corriere della Sera.

Lecco, 1891. Ranocchia, aspirante attore teatrale, pare essere impazzito: da sempre sgraziato e balbuziente, ha cominciato a parlare da solo, grida e canta, ha strane convulsioni. Quando viene ritrovato nudo e mezzo morto sulle rive del lago, i suoi genitori e il suo mentore, l’impresario Baldo Bandini, si vedono costretti a farlo internare al San Martino, la pazzeria di Como.

Parrebbe una storia comune di disagio e abbandono, ma così non è. Ranocchia e Bandini sono circondati da un vasto microcosmo, una quantità di personaggi pittoreschi — streghe, nani, ubriaconi, spagnoli, scemerelle — che rendono il romanzo vivo, emozionante, multicolore. Dalla vicenda principale si dipanano sottotrame ed episodi collaterali, alcuni ridicoli, altri strazianti, che si incastrano alla perfezione.

Scopriamo che Ranocchia non è ammattito: i suoi eccessi sono volontari; il suo obiettivo è farsi internare per ritrovare Bianca Gonzalo, detta la Maestrina, la donna che gli ha insegnato i rudimenti della scrittura, il pensiero critico, e di cui si è innamorato.
Seguendo Ranocchia il lettore ha la possibilità di vedere il manicomio di San Martino dall’interno e di scoprire vite e attitudini di pazienti, infermieri e medici. Incontriamo il dottor Lucio, seguace di Lombroso; la Damiana, né pazza né rabbiosa, internata dopo essere stata vittima delle violenze del marito.
L’autore racconta storie dolorose con equilibrio, senza sfociare né nel pietismo né nello scandalo. Sta al lettore scegliere se provare rabbia o compassione verso i personaggi.

A Lecco, nel frattempo, Bandini lavora per riportare a casa Ranocchia, con l’aiuto della scemerella Mariuccia e Antonio Ghislanzoni (librettista di Giuseppe Verdi, nonché unico personaggio realmente esistito).
Le ricerche di Bandini e Ranocchia procedono su binari paralleli, pagina dopo pagina ci si rende conto che il mistero riguarda Bianca, si raccolgono pettegolezzi e indizi sulla sua scomparsa, si scoprono nuovi lati della sua personalità.
Ogni personaggio, dalla comparsa al co-protagonista, esiste perché ha una sua funzione — non solo possiede oggetti o informazioni utili a risolvere il mistero sulla scomparsa di Bianca, ma le sue caratteristiche fisiche e caratteriali aggiungono un altro tassello al mosaico, un altro tocco di colore all’affresco.

L’autore riesce a riprodurre le emozioni umane nella loro totalità, dal disgusto alla paura, dall’amore allo scherno. Da un lato, questo è reso possibile da una gestione accorta dell’intreccio, dall’altro il merito è dello stile.
Stile che si dimostra, fin dalle prime pagine, particolare: volutamente antiquato, riesce tuttavia a essere dinamico, trascinante. Il narratore, – e Conti dietro di lui – utilizza le parole come pennelli e acquerelli, le distribuisce sulla pagina e dipinge immagini vivide — rapide impressioni, gesti, paesaggi catturati come fotografie.
Questa ricchezza di colori, di visioni, rende la lettura ancora più piacevole.

Sebbene non vadano trascurate eventuali differenze, viene spontaneo associare Di sangue e di ghiaccio ad altre opere: La prima verità (Simona Vinci, Einaudi) su tutte.
In entrambi i casi il protagonista è un personaggio “sano” che viene a contatto con la realtà del manicomio, con le violenze del personale, con le malattie dei pazienti. Ciò nonostante, Di sangue e di ghiaccio si dimostra atipico e particolare poiché l’autore non intende sconvolgere, non prova interesse per i dettagli scabrosi. Il manicomio, luogo di sopraffazione e sofferenza, riveste un ruolo centrale, ma non arriva a fagocitare gli altri elementi del racconto.

Di sangue e di ghiaccio è il risultato di due anni di ricerca e la ricostruzione storica è,

mattia conti foto
Mattia Conti

in effetti, accurata. L’autore riesce inoltre a evitare i tranelli tipici dei romanzi storici, ovvero l’inserimento di personaggi ed eventi celebri — in un maldestro tentativo di legare il racconto alla Storia — e la descrizione accademica degli oggetti tipici dell’epoca — e sconosciuti al lettore contemporaneo.

In sintesi, Di sangue e di ghiaccio è un’opera sorprendente.
Sarebbe ottima se fosse il lavoro di un autore esperto; come esordio, è eccezionale. La vicenda, pur intricata, è resa con sicurezza e svelata poco alla volta, con grande maturità. Lo stile immaginifico, flamboyant, è una gioia per gli occhi.
Mattia Conti è un nome da ricordare, e da tenere in considerazione per il futuro.

Sonia Aggio

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