“L’amore al fiume” di Sinigaglia, o il miraggio estivo

 L’amore al fiume (e altri amori corti), Ezio Sinigaglia
(Wojtek Edizioni, 2023)

CopertinaSinigaglia_WojtekNon ho mai sentito parlare di amori invernali. Pare che la condizione dell’innamoramento si adatti soltanto alle alte temperature: l’impulso amoroso produce bollori, la temperatura corporea si alza (la cosiddetta “febbre d’amore”). L’estate è quindi la stagione degli amori brevi, momentanei sussulti del corpo e dell’anima che fanno credere di aver trovato la famigerata “anima gemella”. La calura estiva produce dei miraggi, compone errori prospettici che fanno vedere una cosa per un’altra. Forse proprio di miraggi parla L’amore al fiume (e altri amori corti) – pubblicato da Wojtek Edizioni – ultimo libro di Ezio Sinigaglia, già alla sua seconda pubblicazione quest’anno dopo l’intimo Sillabario all’incontrario (del quale abbiamo parlato con lui qui).

Questa raccolta di racconti ruota attorno ad un campo militare di prima estate ai tempi della leva obbligatoria. Il battaglione di bersaglieri Crimea ha installato le tende nei boschi di montagna, vicino ad un paesino del Friuli. Le uniche attrazioni disponibili per i soldati – provenienti da tutti i punti della Penisola – sono i giornaletti erotici, i bagni al fiume, le birre e i giochi a carte nel bar del paese. La noia non può che produrre la ricerca di una via di fuga, l’accendersi di passioni prima sopite e di desideri sessuali del tutto inediti. Tra il desiderio e l’attuazione delle sperimentazioni sessuali il salto non è poi così grande, e difatti il primo racconto – il più lungo, che dà il titolo alla raccolta – mette in scena la seduzione da parte dell’abile stratega amoroso Maurizio Zanella detto Mao nei confronti del virilissimo (e con tratti psicologici da criminale) bersagliere Gian Cristoforo Cecconi detto Giancrì.

Sinigaglia non ci risparmia alcun dettaglio di questo avvincente rapporto omosessuale, ma la straordinaria padronanza del mezzo-scrittura e l’occhio da voyeur che lo caratterizzano gli permettono di non correre mai il rischio di sfociare nel pornografico. Ciò che viene rappresentato ne è infatti esattamente il contrario, cioè la santificazione delle potenzialità inesplorate del corpo. Nel porno ad essere messi in scena non sono veri corpi, ma le loro astrazioni, dei vuoti stereotipi senza concretezza, mentre la precisione della scrittura di Sinigaglia racconta i corpi di Giancrì e Mao esattamente, ne svela l’unicità delle movenze, li battezza con la sinuosità dei suoi periodi.

La scrittura di Sinigaglia è musicale nel senso tecnico del fraseggio: essa possiede un’energia interna generata dalla successione ragionata di parole che sono legate (ancora in senso musicale), composte sulla pagina in una maniera liquida e sensuale, grazie alla quale è possibile il movimento disinvolto tra i registri linguistici di alto e basso, tra parole ricercate, espressioni fulminanti e dialetto. Non vi è mai uno spigolo, ogni dettaglio è smussato e rotondo grazie ad un raffinatissimo labor limae. Tutto ciò non può che scongiurare il rischio della bidimensionalità pornografica.

L’atmosfera di queste pagine è quella sognante e sospesa dei film di Éric Rohmer: il campo è una bolla avulsa dalla realtà, per cui le vere vite dei personaggi non sono mai al centro della storia, ma rappresentano solo un richiamo di fondo, l’altro capo del filo di un telefono a gettoni. Lo spirito giocoso di Sinigaglia qui ricorda Ariosto: il bosco è anche il luogo di inseguimenti amorosi da Orlando Furioso, della perdita di senno tipica degli innamorati, ma anche di fantasie erotiche tra il sogno e la visione che tolgono gravità al reale; esattamente ciò che avviene al corpulento Settimio Barigozzi, detto Maciste, nel momento in cui inscena le sue fantasie da onanista:

‹‹l’identità dello sventurato pseudoinfermiere si assottiglia alle dimensioni di un filo di lana, perde di forma, di consistenza e di peso, vola via dappertutto per l’aria rovente della tenda dell’ospedale da campo come un invisibile virus.››[1]

Le unità di tempo e spazio fanno sì che L’amore al fiume più che una raccolta di racconti appaia piuttosto come un romanzo corale con una forte coerenza interna, con raffinati rimandi tra un racconto e l’altro. Il campo è lo spazio nel quale viene messo in scena il catalogo delle varie forme di amore: le strategie del corteggiamento di Mao e la carnalità del rapporto con Giancrì, l’amore platonico tra il siciliano Iannopulo e Bernasconi, quello tutto immaginato di Settimio Maciste. L’amore si insinua anche laddove non sembra esserci intelligenza, come nel caso del primitivo e brutale Giancrì e soprattutto di Settimio Maciste, il quale ha difficoltà persino a fare due più due.

Il desiderio amoroso è una forza ben più primordiale dell’intelligenza, che rende “umano” anche l’altoatesino Ulderico Berger, personaggio che parla un maccheronico italiano tedeschizzato e il cui nome (Ulrich) è un chiaro riferimento al protagonista de L’uomo senza qualità di Musil, con il quale condivide una visione matematica del mondo. La scoperta de La dottoressa dei pompieri, giornalino erotico donatogli da Barigozzi, ha quasi il valore di rito iniziatico: Ulderico da mero calcolatore di passi nei suoi turni di guardia diviene essere umano dotato di desiderio e persino oggetto d’arte del sergente allievo ufficiale-pittore Edoardo Massei, che nel racconto Il ritratto fa carte false per poterlo dipingere.

L’italiano stentato di Ulrich rientra nel plurilinguismo de L’amore al fiume, nel quale sono presenti anche il romanesco, il toscano, il lombardo, il siciliano. Il campo è una sorta di Babele in cui tutti i dialoghi vedono l’alternarsi di surreali e spassosi botta e risposta tra personaggi che parlano in italiano e i rispettivi interlocutori che invece si esprimono in dialetto. Tra i dialoganti vi è sempre uno scarto linguistico che genera fraintendimenti e imprime alla narrazione un ritmo irresistibile. Nonostante questi continui misunderstanding, gli scambi di battute determinano al tempo stesso un cambiamento in coloro che dialogano, producendo nei personaggi nuove consapevolezze. Del resto, è forse proprio ciò che avviene nell’amore, il più fertile tra i fraintendimenti.

Giacomo De Rinaldis

Immagine in copertina di Snow white tramite Pexels

[1] p. 65

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