Flessibile, elastica, plastica: intervista a Luca Marinelli

Lasagna è una rubrica aperiodica, curata da Mattia Grigolo. Racconta libri fuori dalle righe. Alle autrici e agli autori viene chiesto di rispondere a delle parole come se fossero delle domande, per libere associazioni. Il perché la rubrica si chiami Lasagna non è importante, è una parola come un’altra. Una libera associazione, per l’appunto.

Luca Marinelli dice che non aveva mai scritto una cosa del genere, nel senso che non ci sono precedenti nel modo in cui l’ha scritta. Ha, però, già scritto, già fatto parte di riviste letterarie, già dentro la bolla, anche se, contraddittoriamente, come profilo outsider.

Flessibile Elastica Plastica (zona42) è il suo libro d’esordio, che forse nessuno, forse nemmeno Luca, riesce a collocare in estensione: un romanzo, una novella oppure un romanzo breve. Sono 113 pagine dattiloscritte e stampate. Racconta un evento assurdo che, in quanto assurdo, non necessariamente presuppone che sia irreale. E invece lo è, irreale. Dico questo perché il modo in cui vengono trattati i fatti, e quindi per estensione narrati, suggerisce – porta a – una sorta di distanza emotiva che potrebbe lasciare intendere una buffa concretezza. Addirittura una casualità nella quotidianità. Potrebbe.

Potrebbe esserci un cubo che assume forme e colori decifrabili e no, potrebbe esserci una ragazza di gomma che si ciba di oggetti e genera coltelli. Potrebbe esserci una famiglia con il suo nucleo, che è un epicentro e ogni epicentro ha il suo destino.

Ho chiesto a Luca di raccontare il suo libro rispondendo a delle
parole.
Eccole.

GOMMA

Parto dal presupposto per il quale, in un testo in cui il timbro della narrazione voleva essere il più neutro possibile, gli attributi dei corpi avrebbero potuto solamente essere le idee di cose e non le cose vere, le idee di colori e non i colori veri, e quindi l’idea di un materiale, non
un materiale nella sua natura più caratteristica. Il mio tentativo era quello di separare la forma del testo, il progetto minimo disegnato nel linguaggio della storia, dalla specificità di ogni contesto: Flessibile Elastica Plastica è un esperimento mentale idealizzato dalla semplificazione delle condizioni al contorno. Adesso: la forma era un dramma, e così in fin dei conti credo che ci siano delle proprietà fisiche, la predisposizione della gomma alla torsione e all’allungamento senza rottura, che inevitabilmente – in modo più o meno consapevole – facilitavano la carica drammatica di una violenza che continuamente sopporta senza mai profilare il margine per una catarsi: è questo, infatti, il connotato identificativo del martirio, ed Elena della Gomma è una martire, un protagonista piuttosto facile per una tragedia.

COLORI/GEOMETRIE

Colori, geometrie, sono utilizzate per il motivo di cui facevo menzione sopra. Rappresentano – al livello compositivo -, tutta quella parte di caratterizzazione che in un esperimento mentale idealizzato, semplificato, non avevo la necessità di evolvere: e anzi, di più, non lo potevo evolvere perché mi avrebbe creato problemi non indifferenti farlo, perché calcolarne le complessità di comportamento, le deviazioni, avrebbe fatto deviare anche me, mi avrebbe portato da un’altra parte. Forse è stato un modo per semplificarmi la vita, per mettermi in condizione di fare soltanto quello che riuscivo a fare e lasciare da parte il resto – ma mi piace pensare che emerga un altro aspetto in qualche modo: che è l’impalpabilità del contesto quando si parla di violenza, l’assoluta esigenza della violenza di prendersi tutto lo spazio, la purezza in sé della violenza – la sua predisposizione a una iper-estetizzazione dello spazio che mastica – e che quindi alla fine questa esigenza mia sia diventata un’esigenza della storia, e infine perciò una corretta scelta stilistica. Non so se ho fatto casino.

FILOSOFIA

Più che filosofia, parlerei di analisi personale del mio primo microcosmo sociale. Un’analisi che avevo sempre materializzato distrattamente, fino a quando non mi si è – grazie alla quarantena – profilata la possibilità di mettere a disposizione tutto il mio tempo per andare più nel profondo. E ho provato a essere onesto, perché non avrebbe avuto alcun senso non esserlo, credo. L’esperimento è ovviamente un’ipotesi ad absurdum, ma nella violenza che ne scaturisce non c’è e non ci può essere niente di assurdo. La violenza è sempre reale, sempre pericolosa nella stessa maniera, sempre subdola, e se non è una violenza esterna, una violenza plasmatrice, significa che in qualche modo sta lavorando sotterranea dentro di noi, se non mangia dei mondi e delle persone che ci sono fuori sta mangiando dei mondi e delle persone che stanno dentro.

FAMIGLIA/CONFLITTO

In Flessibile Elastica Plastica – che, come dicevo, ha la forma di un dramma – la famiglia è ciò che la famiglia è in molti classici drammi, tutto sommato: l’antagonista. Una forza ottusa e ordinatrice che, qui attraverso il linguaggio e un’ostinazione all’immobilità dei propri dictat cerca di esercitare il proprio controllo su una realtà che ha paura gli sfugga di mano. D’altra parte, in un certo senso è anche un’inconsapevole vittima, calcificata nelle sue stesse strutture diciamo mascheratamente malvagie.

SANGUE

C’è solo il sangue di lei in questo libro. E per me doveva assumere una forma aerea, quella di una farfalla o di una rondine. Negli anni, mi sono reso conto che tutto sommato è inutile nascondere o lottare contro quella che è la nostra intima banalità. La banalità è come fumare le sigarette.

SOCIETA’

Credo che l’istinto, per così dire di capire come si comporta ciò che mi circonda non mi appartenesse naturalmente come di certo appartiene ad altre persone, sono sempre stato quello delle speculazioni mentali assurde, dei seghini galattici. Da quando ho scritto questo, sono partito dalla famiglia per cominciare un percorso che guardasse verso fuori più approfonditamente.

DESIDERIO/CONTROLLO

Emanuela Cocco ha scritto una bella analisi su come questa cosa qui si manifesta e agisce nel mio libro. Tutto sommato quello che credo è che sia piuttosto facile lavorare su questo binomio quando si è esseri umani. Non ho fatto altro che mettere in campo la peggior versione di me possibile, in fin dei conti.

VERDE

Verde mi ha reso la persona che sono. Ed è anche tra le pochissime riviste che per un po’ ha avuto un proprio senso di esistere.

Luca Marinelli è redattore di Verde Rivista, ha curato Il vocabolario minimo delle parole inventate (Wojtek, 2019).

Mattia Grigolo ha fondato la rivista letteraria Eterna, il magazine di approfondimento Yanez e l’hub creativo, con sede a Berlino, Le Balene Possono Volare. Ha esordito con il romanzo breve La raggia (Pidgin, 2022). Ha pubblicato la raccolta di racconti Temevo dicessi l’amore (Terrarossa Edizioni, 2023).

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