Il libro dell’anno: “La ragazza con la Leica” di Helena Janeczek

La ragazza con al Leica, Helena Janeczek
(Guanda, 2017)

 

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La ragazza con la Leica di Helena Janeczek, ispirato alla fotoreporter Gerda Taro, è tutti gli effetti il libro del 2018: già vincitore del Premio Bagutta, del Premio Strega e in corsa anche al Premio Campiello. Un successo editoriale clamoroso per l’autrice italo-tedesca e per Guanda.
Dalle pagine di Helena Janeczek emerge la figura di una donna vitale, esuberante e tanto seducente proprio perché dotata di un fascino intrinseco, spontaneo. “
Gerda Taro era… Era la gioia di vivere”. In queste poche parole sembra condensarsi lo spirito di Gerda filtrato dallo sguardo delle persone che più le furono vicine, quasi a fissarne il carattere poliedrico e sfuggente nel tentativo di creare un’immagine a tutto tondo.

Si alternano le voci di Ruth, modella con cui Gerda condivise una stanza, il freddo e la miseria nei primi anni parigini, e di due ex amanti, Willy Chardack e Georg Kuritzxes. Gerda, ebrea di origini polacche, per sfuggire all’antisemitismo dilagante delle leggi razziali nella Germania degli anni ‘30, si rifugia a Parigi dove conosce Robert Capa, anche lui ebreo, e diventa prima la sua assistente alla fotografia, poi la sua fidanzataSullo sfondo di un’Europa in fermento, da una parte accecata dall’odio per il diverso e messa in ginocchio dalla crisi del ‘29, dall’altra pullulante di movimenti che si ribellano alle dittature, si muove con grazia e sfrontatezza Gerda Taro, fotografa e attivista, in un periodo in cui le donne, ancor più di oggi, erano relegate a ruoli domestici.

La ragazza con la Leica è una biografia che mostra di avere alle spalle una ricca ricerca documentaristica, ma quello che colpisce, prima ancora di date ed eventi, è il carattere vivace e ammaliante di Gerda che travolge chiunque incroci il suo cammino lasciando un ricordo indelebile che ad anni di distanza della morte è ancora vivo e bruciante. Tutto comincia quando Willy Chardack, medico di prestigio nella città statunitense di Buffalo, riceve una telefonata dall’altra parte dell’oceano dall’ex compagno Georg Kuritzxes.

Sono passati più di venti anni, eppure è un vortice di ricordi, di nostalgia, illusioni frustrate. Willy Chardack è il primo a introdurre la figura di Gerda, ragazza ribelle e poco incline alle convenzioni, divisa tra la macchina da scrivere e l’inseparabile Leica. Willy, detto “Il Bassotto” se ne invaghisce subito e diventerà suo amico fedelissimo e amante bistrattato. 

A continuare le fila del racconto, che si dipana non in ordine cronologico, ma sull’onda di ricordi che si intrecciano, è Ruth Cerf, l’amica con cui Gerda vive a Parigi tra sogni e confidenze e che le rimane accanto quando decide di abortire. Quasi con stupore, Ruth descrive il fascino di Gerda, un connubio di eleganza, femminilità e intelligenza unite a un candore ai limiti dell’opportunismo che però non può fare a meno di perdonarle ripetendosi come giustificazione che “sente e agisce come un uomo”.

Nella terza parte del romanzo la prospettiva appartiene a Georg Kruitzxes che nella calura di un’estate romana, dal suo ufficio della Fao telefona a Willy Chardack, con cui aveva condiviso l’amore per la medicina, per l’antifascismo e per Gerda. Tra questi personaggi, manca il punto di vista di Robert Capa, forse proprio per riscattare Gerda dalla figura a lungo radicata nell’immaginario collettivo di fidanzata del grande fotografo. In effetti, Gerda era molto di più.

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Gerda è il fulcro che tiene insieme la storia e intorno a cui si muovono tutti i personaggi, come se fossero privi di vita propria, animati solo da una struggente nostalgia per quell’eroina coraggiosa e volitiva che armata della sua Leica documentò la Guerra di Spagna. Nel 1937, Gerda morì sul fronte di Brunete schiacciata da un carro armato, in quella guerra che vide accorrere volontari da tutto il mondo e che diventerà uno dei simboli dell’antifascismo. Nei ricordi degli amici Gerda finisce per incarnare un’epoca, quella della giovinezza perduta, di quando tutto era possibile e gli ideali erano ragione di vita, quando le utopie non sembravano così irrealizzabili.

“Gli eroi sono tutti giovani e belli” e Gerda rientra a pieno nella categoria, forse proprio perché perse la vita a 26 anni e rimase immortalata nella sua giovinezza. Ma la Janeczek non è una scrittrice che cade in facili idealizzazioni ed è capace di mettere in luce anche gli aspetti meno romantici della sua protagonista, come un certo opportunismo che a volte traspare dalle scelte di Gerda e la superficialità che dimostra nel contemplare i sentimenti altrui. Difetti che probabilmente non fecero altro che contribuire a renderla ancora più irresistibile.

Con una prosa di non immediata lettura, che necessita di pause per essere assaporata in tutta la sua intensità e per seguire il flusso della memoria dei personaggi, la Janeczek ci lascia in compagnia di una donna che racchiude in sé coraggio, sete di libertà, erotismo e si muove con la leggerezza e forse l’incoscienza della gioventù fra gli eventi storici più importanti dei primi anni del ‘900.

Caterina Marchioro

4 Comments

  1. L’ho iniziato oggi. Ho letto solo una cinquantina di pagine ma sono un po’ persa.
    Sicuramente mi manca la conoscenza del periodo storico vissuto dalla protagonista, chi erano le persone che incontrava, i suoi amici.
    Ho dato un’occhiata alle recensioni su aNobii per documentarmi un po. Di solito non lo faccio mai perché preferisco non farmi fuorviare o condizionare. Ma questo libro mi pare un po ostico.

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