Questa sera, al Teatro la Fenice di Venezia, verrà proclamato il vincitore della LVI edizione del Premio Campiello, tra i massimi e più prestigiosi premi letterari italiani. Il Premio, sin dalla sua fondazione nel 1963, ha decretato vincitori i più importanti autori della letteratura italiana: Primo Levi, Giuseppe Berto, Ignazio Silone, Giorgio Bassani, Mario Rigoni Stern, Gesualdo Bufalino, e più recentemente Pontiggia, Murgia, Mazzantini e da ultimo, nel 2017, Donatella Di Pietrantonio.
E quest’anno? Sarà la già vincitrice dello Strega Helena Janeczek? Sarà il visionario Ermanno Cavazzoni? Oppure Le assaggiatrici di Rosella Postorino?
Scropriamo insieme le cinque opere finaliste attraverso le nostre recensioni!
La galassia dei dementi, Ermanno Cavazzoni, La nave di Teseo
In un futuro lontano lontano, in una galassia vicina vicina – cioè questa qui – vive una popolazione di umani ai quali di umano è rimasto molto poco. Sono grassi, pigri, quasi incapaci di grandi spostamenti; collezionano oggetti di dubbia utilità o rilevanza storica – come le grucce per gli abiti – credendo che invece siano testimonianze storiche di un mondo lontano. In questo modo fingono un attaccamento storico ad una civiltà che non è più la loro, credendo di conoscerla ma senza averne vera competenza.
È il nuovo modo di essere radical chic, per utilizzare un’espressione che ultimamente piace molto.
[Leggi la recensione completa]
La ragazza con al Leica, Helena Janeczek, Guanda
La ragazza con la Leica di Helena Janeczek, ispirato alla fotoreporter Gerda Taro, è tutti gli effetti il libro del 2018: già vincitore del Premio Bagutta, del Premio Strega e in corsa anche al Premio Campiello. Un successo editoriale clamoroso per l’autrice italo-tedesca e per Guanda.
Dalle pagine di Helena Janeczek emerge la figura di una donna vitale, esuberante e tanto seducente proprio perché dotata di un fascino intrinseco, spontaneo. “Gerda Taro era… Era la gioia di vivere”.
[Leggi la recensione completa]
Mio padre la rivoluzione, Davide Orecchio, minimun fax
L’opera di Davide Orecchio si distingue da subito per la sua struttura: Mio padre la rivoluzione non è un romanzo, bensì una raccolta di dodici racconti differenti per ambientazione (si passa dal Messico agli Stati Uniti, dalla Germania nazista all’Italia del dopoguerra) e personaggi (da Gianni Rodari a Lev Trockij, da Stalin a Hitler, da Togliatti a Bob Dylan).I capitoli sono legati da due fili rossi. Innanzitutto, sono costanti i riferimenti alla Rivoluzione d’ottobre, rappresentata come un padre o una madre, o come un garofano, e invocata come un mito, un rimpianto, un ideale. [Leggi la recensione completa]
Le assaggiatrici, Rosella Postorino, Feltrinelli
Rosella Postorino analizza per la prima volta nella storia della letteratura – e non solo – il ruolo che hanno avuto negli anni Quaranta quindici donne tedesche. Il loro compito consisteva nel mangiare tre volte al giorno il pasto che sarebbe stato servito al Führer, perché ci si assicurasse che non era stato avvelenato dagli inglesi come si temeva. La voce narrante fin dall’incipit è quella di Rosa Sauer, personaggio di fantasia ispirato, tuttavia, alla testimonianza diretta di Margot Wölk, che è morta recentemente e che aveva dichiarato solo all’età di 96 anni la mansione assegnata a lei e a poche altre persone selezionate con cura.
[Leggi la recensione completa]
Le vite potenziali, Francesco Targhetta, Mondadori
I trentacinque-quarant’anni sono, lo attesta a più riprese la nostra tradizione letteraria, un momento delicato della vita di ciascuno. Francesco Targhetta descrive quel malessere che tre uomini a metà della loro vita percepiscono ogni mattina guardandosi allo specchio. Non sapere cosa sono diventati e quale significato dare alla loro vita è il problema di Alberto, GDL e Luciano: la loro affermazione nella azienda informatica Albecom come fondatore (il primo), brillante esperto di marketing (il secondo), apprezzato programmatore (il terzo) non sembra sufficiente.
[Leggi la recensione completa]