Il trauma dell’adolescenza e le sue contraddizioni

L’età straniera, Marina Mander
(Marsilio, 2019)

l'età stranieraLeo ha quasi diciotto anni, una profonda intelligenza nascosta sotto la classica patina di pigrizia e superficialità da adolescente incompreso, e un trauma che non riesce ad affrontare. Vive con una madre disoccupata che trascorre le sue giornate lottando per il bene del prossimo, un patrigno che di mestiere fa il tassista e per hobby balla il tango, e un fratello acquisito che lavora come “prostituto” tra le vie della città, non parla l’italiano e ha l’aspetto di una scimmia. Si chiama Florin, viene dalla Romania e la madre di Leo l’ha trovato per la strada durante le sue attività di volontariato.

La donna l’ha adottato informalmente per spirito materno, per carità o per pietismo, e ora Leo deve imparare a fare i conti con la sua ingombrante presenza in una stanza che fino a poco tempo prima era completamente sua. Alla base vi è la speranza – razionale, forse, ma di sicuro poco pratica – che due cuori sofferenti si possano guarire a vicenda: è la speranza che Leo possa trarre in salvo Florin da un’esistenza considerata naturalmente e imprescindibilmente negativa, e che Florin possa avere un effetto terapeutico su Leo e i suoi incubi.

La Mander conquista quindi un posto tra i dodici finalisti del Premio Strega con una storia sull’adolescenza traumatica e le difficoltà della crescita. Un racconto di formazione che cade volutamente nel drammatico, in cui il protagonista, Leo, deve imparare a fare i conti con i suoi rimorsi e accettare il mondo per quello che è, senza più rifiutarne le contraddizioni e gli aspetti più crudeli.

L’intelligenza straordinaria del protagonista viene declinata in una voce narrante dal fascino ipnotico: un susseguirsi di correlazioni profonde e immagini straordinarie che descrivono la realtà con un’ironia quasi cattiva, in un fluire di concetti e idee che delineano il personaggio e al tempo stesso affascinano il lettore. Lo stile è senza dubbio l’aspetto più riuscito del romanzo, un marchio che lo rende unico senza per questo dover sperimentare grandi innovazioni. I pensieri di Leo sono la ragione per cui leggere il libro. Al tempo stesso, la narrazione accattivante si alterna a dialoghi a tratti un po’ deboli, che non reggono la musicalità dello stile perché alle volte lo imitano e altre lo spezzano brutalmente.

Una caratteristica particolare de L’età straniera è la sua staticità narrativa, contrapposta a un’evoluzione stilistica che raggiunge quasi la forma onirica, verso il finale. Nei fatti, la storia non progredisce se non per piccolissimi passi, tant’è vero che il finale arriva senza quasi farsi notare, pur nella sua compiutezza. È possibile affermare che qualcosa sia cambiato in Leo – il protagonista delle ultime venti pagine non è lo stesso dell’incipit del romanzo-, ma è difficile capire quando e dove sia accaduto.

Se comunque Leo è una presenza forte, con delle ambiguità importanti che conducono a una sua evoluzione, il personaggio di Florin si perde in una strumentalità psicologicamente poco profonda. Nel romanzo si alternano un numero ridotto di personaggi, in una formula che non rende necessario pretendere da loro grandi sfaccettature caratteriali, considerando il punto di vista adottato dall’autrice. Florin però è il motore di un cambiamento che sarebbe potuto cambiare a sua volta, e che invece rimane relegato a un ruolo e a una lingua impenetrabili per il lettore e, in un certo senso, anche per tutti gli altri personaggi.

Sarebbe stato interessante conoscere meglio Florin, ma la scelta di mantenerlo sullo sfondo è certamente intenzionale, una decisione ben soppesata per costruire una narrazione che non prescinda mai da Leo e dalla sue riflessioni. Per il protagonista, Florin è infatti “Iwazuru“, la scimmietta muta, una creatura naturalmente impenetrabile. Anche se questo vuol dire ridurre un personaggio dalla straordinaria potenza a un semplice corpo sulla scena, la simbologia rimane intatta fino all’ultima pagina.

Al di là di questo, L’età straniera è senza dubbio una lettura profonda e interessante: prende a cuore temi intensi come il lutto e la prostituzione trattandoli con ammirevole intelligenza, in una narrazione che non stanca mai.

Anja Boato

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