Mezza luce mezzo buio, quasi adulti: l’esordio di Carlo Bertocchi

Mezza luce mezzo buio, quasi adulti, Carlo Bertocchi
(TerraRossa Edizioni, 2019)

Trovo rifugio da queste piovose settimane in un ritaglio di mondo letterario caldo e accogliente che, inaspettatamente, mi ha investito con lo stesso affabile agio di casa, forse perché, nonostante la distanza tra me e i fatti raccontati in Mezza luce mezzo buio, quasi adulti anche io, quasi adulta, ancora mi ci sento.

Siamo in un’innominata cittadina della profonda Romagna, una come tante, dove tutti si conoscono e spesso nessuno si fa i fatti suoi. Fa molto caldo: la torrida estate dell’89 è alle porte, e per Bert e i suoi compagni, tutti ragazzetti di quattordici anni spigliati e avventurosi, questo è il momento che segna il passaggio tra scuole medie e superiori, durante il quale i giocattoli d’infanzia vengono definitivamente relegati in cantina per esser sostituiti da più alte questioni: le ragazze, i motorini truccati, le gare di volate, le rese dei conti tra bande.

Ma, dietro l’angolo, un torbido mistero contamina la spensieratezza dei pomeriggi spesi tra calcetto, motori e videogames: nelle campagne limitrofe si nasconde un potenziale assassino, chiamato da tutti semplicemente l’albanese, accusato di aver ucciso la moglie del panettiere. La notizia di quest’omicidio all’inizio tocca poco i ragazzi, che approfittano delle strade svuotate di volanti per correre a destra e a manca con i loro motorini. Sarà poi durante una delle tante scorribande che Bert, voce narrante nel romanzo, si troverà faccia a faccia, suo malgrado, proprio con l’albanese, e con il dubbio di cui questa figura, oscura in apparenza, si fa carico: cosa è giusto e cosa è sbagliato?

Da qui, la “mezza luce e mezzo buio” del titolo, chiamata a svolgere diverse funzioni: è la luce soffusa del crepuscolo che illumina le strade del paese («Tutto intorno si mescolavano mezza luce e mezzo buio. Appena sopra l’orizzonte si diffondeva ancora la sfumatura gialla del sole, ma dalla cima degli alberi il blu scuro della sera la inseguiva tra le case»); è metafora del conflitto tra bene e male, e di quella ideale ‘zona grigia’ dell’identità, non ancora completamente formata, in cui si trova Bert non solo per età, ma anche a causa dell’incontro con l’albanese, che lo sconvolge a tal punto da non sapere, all’inizio, come comportarsi per fare la cosa giusta.

Il profumo di libertà che caratterizza questa speciale estate la respiriamo a pieni polmoni in sincrono con Bert e i suoi amici, che segmentano la realtà circostante in base a ciò che per loro è più importante: per Bert è Matilda, il personaggio più adulto del romanzo per carattere e situazione familiare, ragazzetta indomita e lentigginosa di cui il giovane si è innamorato e che vorrebbe conquistare; per gli inseparabili compagni Ciccio, Tex e Trillo invece, che ancora guardano le femmine col compiaciuto disprezzo di chi fa finta di non pensarci, ciò che conta è stare in gruppo, tra il bar, la strada, il campetto, coltivando l’amicizia con quella purezza d’animo che spesso, crescendo, tende a logorarsi.

C’è un particolare bilanciamento tra il mondo percepito dalla banda dei quasi adulti e il mondo esterno di chi adulto lo è davvero. La politica, la religione, il rapporto tra benestanti e proletari, tutti i temi che in Emilia-Romagna hanno sempre trovato terreno fertile – si pensi, per ciò che concerne il binomio politica-religione, alle famigerate vicende di Don Camillo e l’Onorevole Peppone – nel romanzo di Bertocchi dapprincipio rimangono sullo sfondo, semplicemente segnalati da Bert come elementi di circostanza pervasivi, come simboli d’appartenenza ereditati: «Per noi ragazzi la differenza tra Togliatti, Andrea Costa e Wojtiƚa era indefinibile, ma ci cascava addosso nella vita quotidiana, in base alle scelte delle nostre famiglie su dove comprare il pane o prendere il gelato».  

Ma Mezza luce mezzo buio, quasi adulti è, in sé, un romanzo più politico di quanto non ci si aspetti. Perché ogni posizione che prendiamo, ogni scelta che facciamo in merito a questioni di minore o maggiore rilevanza sociale può essere tradotto in un gesto politico, e determina chi siamo. Nel romanzo, questa dimensione lavora sotto la superficie fino a emergere completamente con l’ultimo colloquio tra Bert, Mati e l’albanese, durante il quale i due ragazzi – dalla mente tanto ingenua a causa dell’età, eppure tanto saggia per la stessa ragione – non riescono a cogliere con chiarezza, poiché nascosto tra le parole dell’uomo, il riferimento a quel male dilagante le cui metastasi stanno diffondendosi sempre più nella società contemporanea: la demonizzazione e il conseguente terrore nei confronti dell’altro.

«A uno di voi interessa cosa fanno i genitori dell’altro o da dove vengono?» […]
«No, non ce ne frega niente», rispose lei per entrambi. Io annuii vistosamente per conferma.
«Ma per i grandi non è sempre così.»
«Ma cosa c’entra con te?» Continuavo a non capirci un accidente.
Guardai nello zaino e vidi che c’erano altre due confezioni di Ringo. Feci un cenno a Mati indicandole. Le prese, ne aprì una per noi da smezzare e allungò l’altra a lui. Questa volta la aprì con calma e la tenne in mano: vibrava un po’.
«Possiamo romperci le ossa per metà paga nei vostri campi, nelle vostre fabbriche, essere bravi e non fare casini. Ma voi qui non ci volete.»
«Non vogliamo criminali. Credo sia questo il punto», le parole di Matilda arrivarono come una fucilata. (pg. 106)

In conclusione, il romanzo del romagnolo Carlo Bertocchi – al suo esordio, ricordiamolo – è una mescolanza tra ingredienti ben bilanciati: da un lato, c’è la freschezza di una voce briosa, peculiare ma estremamente accessibile; ci sono dei personaggi che si presentano con onestà e leggerezza, e che è impossibile non amare, essendo parte di ciò che siamo ancora; c’è un’atmosfera inebriante, tipica di quelle estati che sembrano infinite, ma che in realtà durano un palpito di cuore. Dall’altro lato invece, c’è un sotto-testo politico e educativo, travestito da mistero poliziesco, che dona spessore a tutto il libro, rendendolo perfetto da leggere non solo per i ragazzi, ma anche per gli adulti, poiché ci ricorda che più un messaggio viene veicolato con semplicità, e più, con altrettanta precisione, può centrare il segno.

Angela Marino

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