“Sono puri i loro sogni”, dice Matteo Bussola ai genitori, parlando dei figli da crescere

Sono puri i loro sogni – Matteo Bussola
(Einaudi)

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La mancanza di una preparazione adeguata per fare i genitori si fa sentire spesso, in Italia e all’estero. Che si tratti di una formazione “sul campo”, di veri e propri corsi, di riflessioni basate sul buon senso e maturate negli anni, di insegnamenti dedotti dall’esperienza altrui, servirebbe che qualcuno segnalasse a chi ha dei figli non tanto cosa è giusto e cosa è sbagliato, quanto quale atteggiamento può essere sano e quale no.

Ecco perché una pubblicazione come quella di Matteo Bussola per Einaudi Stile Libero è particolarmente preziosa: si tratta di una lettera aperta e allo stesso tempo di un lungo racconto di vita, di un’argomentazione delicata e piena di esempi, di un vero e proprio vademecum e sicuramente anche di una lezione preziosa. Sono puri i loro sogni si concentra, infatti, su uno specifico aspetto del rapporto genitori-figli, ovvero quello che ingloba il rapporto con gli insegnanti e con l’intero mondo scolastico.

Quando a scuola ci andavamo noi, l’istituzione scolastica era intoccabile e gli insegnanti avevano ragione a prescindere, mentre oggi sono accusati e giudicati da gruppi di genitori pronti a difendere i propri figli da ogni rimprovero. […] La scuola che ricordiamo e quella che invece sperimentiamo oggi non hanno quasi piú niente in comune. E noi genitori, che dovremmo essere un ponte fra i nostri figli e la scuola, ci troviamo sempre piú di frequente a rappresentare un ostacolo“.

L’ostacolo consiste nel fatto che i genitori, per troppo amore e per una serie di altri motivi a volte collettivi e a volte individuali, spesso si piazzano di fronte ai figli e non fanno più da intermediari, quanto da portavoce. Il loro modo di proteggere consiste nel dare sempre ragione, nel preoccuparsi, nell’occuparsi, nel risolvere – e il tutto, naturalmente, criticando chi sta dall’altra parte, che rischia di avere torto e di essere criticato a prescindere. Perché è l’insegnante e perché il proprio figlio ha un problema “a causa sua”, punto.

Una constatazione amara, che passa attraverso le parole semplici e profonde di un attuale padre di famiglia, capace di osservare problematiche importanti e di descriverle con umiltà, con accoramento, con la voglia di fare notare e di fare migliorare. In che modo? Ricordando a chi oggi frequenta le scuole da una parte della barricata o dall’altra che quella fra genitori e professori non dovrebbe essere una guerra fredda (o calda, in molte circostanze) e che sarebbe molto più costruttivo, specialmente per chi a scuola va ogni mattina per i primi diciotto anni di vita, ritrovare la famiglia e l’istituzione scolastica dalla stessa parte.

È la parte di chi ha a cuore il futuro di alunni e figli, di chi li vorrebbe vedere crescere in indipendenti, responsabili, critici, riflessivi e, a loro volta, in grado di essere dei genitori equilibrati. È la parte di chi smette di avere paura per loro e dà invece fiducia a una classe docenti troppo spesso scrutata con diffidenza e con superiorità, e a dei genitori che tengono ad informarsi e a condividere il loro ruolo, senza scavalcare quelli altrui.

Per riuscirci è necessario il coraggio di muovere il primo passo, chiaramente, e sperare che i responsabili dell’educazione rispondano positivamente e con saggezza a questa mossa. Una giusta obiezione potrebbe consistere nel fatto che, come sempre accade in ogni ambiente lavorativo e in generale umano, anche a scuola capita che siano proprio gli insegnanti a sbagliare in qualcosa e a meritare un richiamo.

Tutavia, fa notare l’autore, “se non possiamo essere certi che tutti gli insegnanti rispettino allo stesso modo i bambini – ed è giusto prestarvi attenzione – o se non possiamo pretendere che la scuola riconosca sempre le nostre richieste o necessità, due cose però possiamo farle da subito. Educare i bambini al rispetto per gli insegnanti” e “lasciarli piú liberi di cadere, perché solo cosí potranno imparare a rialzarsi“. Così saranno non solo i bambini a imparare, ma anche chi li ha messi al mondo, senza sensi di colpa affrontati male o timori immotivati.

Un consiglio fondamentale, dunque, che arriva quasi come una richiesta di aiuto più che una denuncia, e che si sviluppa con la dolcezza e la cura di un padre affettuoso e presente, consapevole di determinate dinamiche e disposto a rovesciarle con l’aiuto di chi sa ascoltare e sa lavorare su sé stesso, prima di mettere in discussione il lavoro altrui. Un appello accorato e sincero, andato a ruba in tutte le librerie d’Italia perché, a quanto pare, sono tanti i genitori che hanno bisogno e voglia di raccoglierlo.

Eva Luna Mascolino

 

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