Adesso tienimi, Flavia Piccinni
(2019, TerraRossa Edizioni)
«Sono nata a Taranto. 500 milioni di debiti e 90,3% della diossina che uccide l’Italia. Vivo in via Cagliari 32/A, in una villetta bianca con il cancello di ferro battuto arrugginito. Fumo due pacchetti di Chesterfield blu al giorno, mangio solo caramelle gommose senza zucchero e popcorn al formaggio. Nel tempo libero guardo la televisione o piango. Ho due amiche, Iolanda e Giulia. Avevo un fidanzato, prima che si ammazzasse.»
Comincia così Adesso tienimi, il romanzo d’esordio di Flavia Piccinni, con un incipit secco e travolgente che trascina di colpo il lettore nella vita della protagonista Martina e rende difficile staccarsi dal libro fino all’ultima riga.
La lettura è avvincente quanto dolorosa: il mondo di Martina è duro, inospitale e privo di possibili redenzioni. La protagonista ha diciotto anni, frequenta l’ultimo anno di liceo classico e racconta i giorni successivi al suicidio di quello che nell’incipit definisce il suo fidanzato. In realtà la relazione in cui la ragazza è stata invischiata si svela gradualmente durante il romanzo come una storia di abuso, violenza e dipendenza, tutt’altro che romantica, e che sarà spesso definita da Martina stessa come un amore malato.
Le circostanze la costringono a consumare il suo lutto in segreto e in solitudine. Non c’è nessuno con cui Martina riesca a trovare un punto d’incontro: non sua madre, che cerca di stabilire un contatto più per egoistico desiderio di esser parte della vita della figlia che per reale interesse, non il resto della famiglia, ingabbiata in un sistema di apparenze e tradizioni in cui non c’è spazio per i sentimenti veri, non gli amici, troppo intimoriti da lei per cercare di entrare davvero nel suo mondo. Ogni volta che la protagonista è vicina a confidarsi con qualcuno si trattiene il fiato: il lettore percepisce chiaramente che l’empatia e il conforto di qualcuno disposto ad ascoltarla potrebbero salvare Martina, ma è anche rassegnato all’evidenza che il suo isolamento è perfetto, inattaccabile.
«Resto in bilico, indecisa se andarle a parlare e raccontarle tutto. Spiegarle come stanno le cose, proprio come facevo da bambina. Eppure il silenzio capicolla su di noi, e annulla ogni cosa. Forse è questo, diventare adulti. Forse è smettere di fare la cosa giusta, per imparare a fare la cosa meno dolorosa.» (p. 36)
Taranto è il set naturale della storia, un luogo odiato e amato, in cui si muore e da cui è naturale fuggire, ma dove Martina vorrebbe invece trovare un modo per restare. La città emerge prepotentemente tra le pagine con un ruolo da protagonista: siamo negli anni Duemila, l’ILVA è ancora, citando la prefazione dell’autrice, una realtà che niente e nessuno avrebbe potuto mettere in discussione e che colora di un inquietante rosso i balconi, i panni stesi e le vite dei tarantini. Lo squallore e il degrado dei quartieri peggiori e di quelli apparentemente perbene vengono descritti spietatamente, senza omissioni, ma l’amore per la città emerge nelle descrizioni del mare, del cibo, nell’uso del dialetto, che si insinua a piccole dosi nei dialoghi e nei pensieri dei personaggi.
La storia del libro in sé è interessante quasi quanto il romanzo stesso: pubblicato per la prima volta nel 2007 per Fazi Editore, quando l’autrice aveva solo ventun anni, è stato ripubblicato da TerraRossa Edizioni nella collana Fondanti. Intanto, Flavia Piccinni ha maturato un curriculum impressionante come scrittrice e giornalista. Adesso tienimi, tuttavia, non è solo il romanzo dei suoi vent’anni: il nucleo è ancora precedente ed è il racconto con cui l’autrice è stata vincitrice del Premio Campiello Giovani nel 2005.
Sapere che il romanzo è stato scritto da una ragazza così giovane rende ancora più notevole la scioltezza dello stile e la naturalezza della voce di Martina, precisa e unica, mai banale. Nonostante la delicatezza dei temi trattati, la prosa non si abbandona mai a sentimentalismi, non è quasi mai eccessiva, resta saldamente controllata.
È degna di nota, ancor più alla luce della giovinezza dell’autrice, anche la lucidità con cui la storia di abuso che Martina subisce è raccontata: sarebbe stato facile cadere nel morboso, invece anche i dettagli più truci sono ben dosati, la violenza è controllata e corre sullo sfondo come un presagio inquietante, non è mai così esagerata da diventare grottesca.
Adesso tienimi è insomma un romanzo che parla magistralmente di adolescenza senza essere adolescenziale; un canto spietato per un Sud nero e senza speranza, una storia spiazzante da leggere ad ogni età.
Loreta Minutilli